I
mostaccioli sono dolcetti molto antichi; pare ne esista una ricetta redatta niente
meno che da Marco Porcio Catone (234 a.C.
circa – 149 a.C.). Non solo: sono anche diffusi in tutta Italia con numerose
varianti che prevedono quasi sempre farina, albumi e miele, lasciando poi
spazio – a seconda della regione – a frutta secca, canditi, mostro cotto e persino
cioccolato. Tranne che in Emilia – dove hanno forma di ciambellina – i
mostaccioli sono quasi ovunque dei rombi, più o meno grandi, ottenuti con degli
stampi o tagliando l’impasto con il coltello.
In Sardegna i mostaccioli si
chiamano mostazzolus, mostatzolus, multatzolos (oltre ad altre varianti locali) e si dividono in due
famiglie: quelli a base di mandorle, glassati, “ricamati” con glassa reale e
impreziositi con confettini argentati tipici di Quartu Sant’Elena (Cagliari) e
quelli secondo la tradizione di Oristano. I mustatzous
di Oristano sono apparentemente più semplici, non contengono mandorle e si
ottengono lavorando un impasto simile a quello per il pane con il lievito
madre, al quale vengono aggiunti zucchero, scorza di limone e cannella. La
lavorazione però è lunga: per tradizione l’impasto lievitato deve riposare
anche 12 giorni, durante i quali si secca. Va poi rinnovato con acqua calda e
l’aggiunta di un po’ di bicarbonato. Se un tempo si usavano rigorosamente
stampi di legno a forma di rombo, oggi più spesso, anche nella lavorazione casalinga,
la pasta stesa si taglia con una rotella di ottone. Anche la cottura richiede
tempo e un occhio molto esperto per cogliere l’attimo esatto in cui i biscotti
vanno manipolati, staccati gli uni dagli altri e infine estratti dal forno.
L’ultima operazione è la glassatura, che dev’essere leggera.
Fare in casa questi dolcetti
non è affatto semplice; fino a una cinquantina di anni fa ci si rivolgeva ad
alcune “maestre”, che li sfornavano su ordinazione per cerimonie, ricorrenze o
feste cittadine. Oggi esistono alcuni validi laboratori artigianali e
pasticcerie dove si trovano più o meno tutto l’anno. In ogni caso è imperativo
saper scegliere, perché un mostacciolo “cattivo” può davvero rovinare la
giornata!
Un’altra cosa che può capitare
è che ve ne regalino una quantità tale da farvi venire la voglia di usarli per
qualche esperimento. Io li ho utilizzati per questo dessert che di certo non è
originale, ma ha il pregio di essere davvero semplicissimo.
Per quattro persone:
4 mostaccioli di Oristano
½ l di latte fresco
4 tuorli
100 g di zucchero di canna
30 g di amido di mais
30 g di amido di mais
½ cucchiaino da caffè di
polvere di vaniglia
cacao amaro a piacere
Sminuzzare in modo piuttosto
grossolano, con un coltello pesante, i mostaccioli. Distribuirli sul fondo di
quattro tazze o coppette.
Preparare la crema pasticciera.
Scaldare il latte con la polvere di vaniglia. Nel frattempo lavorare con una
frusta a mano i tuorli (conservate gli albumi per altre preparazioni) con lo
zucchero.
Aggiungere l'amido di mais, setacciandolo, e mescolare finché non sia ben amalgamato.
Aggiungere l'amido di mais, setacciandolo, e mescolare finché non sia ben amalgamato.
Versare a filo il latte molto
caldo sui tuorli montati. Mescolare bene.
Trasferire il tutto in una
piccola casseruola e cuocere a fiamma dolcissima mescolando continuamente fino
a che la crema non si ispessirà (attenzione: avviene piuttosto velocemente!).
Allontanare la casseruola dal
fuoco e distribuire immediatamente a cucchiaiate la crema nelle quattro
coppette.
Lasciar raffreddare, quindi
trasferire in frigorifero per almeno quattro ore.
Togliere le coppette dal
frigorifero, attendere circa mezz’ora, quindi cospargere la superficie del
dolce con del cacao amaro attraverso un setaccino fitto. Servire subito.
Per la
storia dei mostaccioli e la ricetta dei mostaccioli di Oristano ho consultato:
- Grande enciclopedia della gastronomia di
Marco Guarnaschelli Gotti. Milano 1990
- Dolci in Sardegna. Storia e tradizione di
Autori vari, Nuoro 2011
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