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Per il Gran Tour della Sardegna oggi parliamo di vini Doc e Docg


Grappolo - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati


La Sardegna e i suoi vini Doc e Docg: con l'articolo di oggi per il Gran Tour della Sardegna di Aifb vi accompagno in un viaggio virtuale per le vigne. 

Un paesaggio fatto di piccole vigne familiari o di grandi appezzamenti dall'elevato valore economico; i vitigni più diffusi; un po' di storia, i vini più pregiati e amati, i riconoscimenti. 

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Ecco l'articolo:

Gran Tour d’Italia, la Sardegna. I percorsi del vino: un po’ di storia e i vitigni più noti
Uve sarde - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati

Gran Tour d’Italia, la Sardegna. I percorsi del vino: un po’ di storia e i vitigni più noti

Partiamo per un giro della Sardegna in chiave vitivinicola, seguendo i percorsi del vino, presentando i vitigni più diffusi e conosciuti – moltissimi sono poi quelli rari, con una diffusione più o meno locale e più o meno limitata – che danno vita ai vini sardi che si possono fregiare dei marchi di qualità Igt, Doc e Docg.

La vite si coltiva in Sardegna da quasi tremilacinquecento anni

Fino a qualche decennio fa era opinione comune che la coltivazione della vite e la produzione del vino in Sardegna fossero state introdotte e diffuse durante la colonizzazione fenicia (IX -VIII secolo a.C.) e perfezionate durante le successive dominazioni cartaginese (VI secolo a.C.) e romana (III secolo a.C.). Recenti indagini archeologiche hanno dimostrato che non è così; la vite si coltivava in Sardegna quasi millecinquecento anni prima di Cristo e dall’uva si ricavava un prodotto molto simile al vino. È del 2015 la scoperta nel sito nuragico di Sa Osa (presso Cabras, provincia di Oristano) di semi di Vernaccia e Malvasia vecchi di tremila anni ben prima, dunque, che l’isola venisse abitata da Fenici, Romani, Bizantini.

vigne in primavera, sardegna
Vigne sarde in primavera presso Sorso, Sassari - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati


Come fosse il “vino” dei nostri padri nuragici non è dato sapere; certo è che le vigne – onnipresenti dal livello del mare alla montagna – sono da sempre un aspetto caratteristico del paesaggio della Sardegna. La vitivinicoltura ha avuto, da sempre, un ruolo di primo piano nell’economia dell’isola, tanto che ai tempi di Eleonora d’Arborea, nel XIV secolo, erano previste pene severe, che prevedevano il taglio della mano destra, per chi danneggiasse o bruciasse delle vigne. Il vino prodotto oggi in Sardegna è ottimo e, in pochi anni, la qualità è aumentata esponenzialmente permettendo così l’esportazione (alcune cantine commercializzano il proprio vino solo fuori dall’isola) e la competizione con regioni da molto più tempo avvezze alle produzioni di alta qualità: lo dimostrano i premi e i riconoscimenti ricevuti.

Cannonau e Vermentino: i vitigni maggiormente rappresentativi

Il Cannonau e il Vermentino, l’uno a bacca rossa, l’altro a bacca bianca, sono i vitigni sardi più noti nel mondo e quelli maggiormente rappresentativi della natura della Sardegna, anche perché sono diffusi ovunque, su un territorio vasto e vario. Il Cannonau viene coltivato – a scopi commerciali, poiché resistono, da nord a sud, innumerevoli piccole vigne familiari – su settemilacinquecento ettari. La Denominazione di Origine Controllata lo qualifica come Cannonau di Sardegna, ma le uve cannonau rientrano anche nel disciplinare di produzione di altri vini Doc come il Mandrolisai e, di recente, vengono utilizzate per la produzione di spumanti rosè ottenuti con una pressatura soffice delle uve, molto apprezzati anche all’estero. Le vigne di Vermentino coprono circa quattromilacinquecento ettari e il Vermentino di Gallura è l’unico vino sardo a essere tutelato da una Dogc. Sia il Vermentino sia il Cannonau vengono vinificati in purezza, dando vita a vini con profumi e aromi molto caratteristici (ognuno a suo modo), spesso di gradazione alcolica piuttosto elevata.

vini sardi da gustare
Degustazione di vini sardi - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati

Bovale e Monica: due vitigni a bacca rossa molto diffusi nell’isola

Bovale e Monica sono altri due vitigni a bacca rossa molto diffusi in Sardegna, prevalentemente nelle zone centrali dell’isola. Si pensa che il Monica sia stato introdotto in Sardegna dai monaci Camaldolesi nell’XI secolo; ma altre teorie propendono per una introduzione più tarda a opera degli Spagnoli: in alcune zone infatti è conosciuto come Monica di Spagna. Oggi esistono le denominazioni Monica Doc e Monica di Cagliari Doc.
Lo stesso vale per il Bovale poiché ne esistono due varietà diverse: il Bovale sardo e il Bovale di Spagna detto anche Bovale grande, quest’ultimo importato in Sardegna dalla Spagna nel XIV secolo. Il Bovale sardo è invece autoctono ed è conosciuto anche come Muristellu. Il Bovale rientra nella Doc Mandrolisai.

Cagnulari e Carignano: altri due robusti rossi di Sardegna

Meno diffusi, ma non meno pregiati, sono i vitigni Cagnulari e Carignano. Il primo è un vitigno antico, tipico di una zona piuttosto ristretta nelle immediate vicinanze di Sassari da cui nasce la Doc Alghero Cagnulari. Il secondo è probabilmente ancor più antico – furono i Fenici a introdurlo quando sbarcarono sull’isola di Sant’Antioco fondando la città di Sulki (o Solci) – ed è tipico del Sulcis, zona compresa fra le alture della Sardegna sud-occidentale e il mare, provincia del Sud Sardegna. I vini che se ne ricavano sono entrambi molto particolari: il Cagnulari ha un sapore molto asciutto e intenso; il Carignano trasmette anche al palato il caldo e il profumo delle torride estati del sud dell’isola ed è riconosciuto fin dal 1977 come vino a Denominazione di Origine Controllata con il nome di Carignano del Sulcis.

grappoli in Sardegna
Uva sarda - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati

Girò: vanto del Campidano di Cagliari

Il Girò è un altro dei vitigni a bacca rossa della Sardegna. Viene coltivato solo nel Campidano di Cagliari, in piccole aree, fin dal XVI secolo. Se ne ricava un vino dolce, liquoroso – tutelato da una Doc fin dal 1972 – con sfumature color arancio e un sapore complesso, tutto da scoprire.

Il Moscato: caratteristiche diverse a seconda delle zone

Il Moscato è un vitigno ben conosciuto fin dall’epoca dei Romani (III secolo a.C.) diffuso dalla Romangia (nord) alla Gallura (est) al Campidano (sud) e assume, a seconda delle zone, caratteristiche diverse. Il Moscato di Sorso-Sennori Doc è forse il più caratteristico. Sulle colline di Sorso e di Sennori, paesi confinanti poco distanti da Sassari, calcaree e baciate dal sole, il vitigno dà il meglio di sé regalando un vino inebriante, dal colore pieno e dal sapore dolce, intensissimo e persistente. In Gallura il Moscato di Sardegna Doc è anche la base per vini spumantizzati, mentre nella zona di Cagliari le uve Moscato vengono vinificate con il marchio Moscato di Cagliari Doc.

Malvasia: un vitigno di Sardegna misterioso e antichissimo

Malvasia: un vitigno misterioso che dà un vino particolare. Anzi due vini: quello di Bosa (Oristano) e quello di Cagliari, entrambi Doc e completamente diversi tra loro. Come dicevamo all’inizio, fino a non molto tempo fa si era convinti che il Malvasia fosse stato introdotto in Sardegna in periodo bizantino perché il nome farebbe pensare al porto greco di Monemvasia nel Peloponneso e così anche il nome dialettale alvarega, che significa “bianca greca”. Sappiamo ora che non è così: il Malvasia è probabilmente un vitigno autoctono sardo, che si è evoluto ed è stato coltivato nel corso dei millenni in modo diverso, fino a produrre oggi un vino raffinato e molto elegante, un vino da meditazione, adatto a un lungo invecchiamento e per questo prezioso, per i sardi simbolo di amicizia duratura e condivisione.

Malvasia di Bosa
Strada della Malvasia di Bosa - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati

La Vernaccia: un vino sardo adatto a un lungo invecchiamento

La Vernaccia è un vitigno che condivide la propria storia con il Malvasia. Si pensava che fossero stati i Fenici, fondando Tharros, città monumentale a guardia della Penisola del Sinis, in provincia di Oristano, a introdurla sull’isola. Ha origini invece assai più antiche e vegeta bene solo nelle zone dell’Oristanese. Il nome però è sicuramente romano e deriva da vernaculus, cioè locale, del posto. Il vino che ne deriva, ovvero la Vernaccia di Oristano, ha la Doc fin dal 1971 ed è asciutto, secco, persistente, ricco di profumi e adatto anche a un lungo invecchiamento.

cartello vernaccia
Uno spiritoso cartello che celebra la Vernaccia di Oristano - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati

Torbato: amato da catalani e algheresi

Il Torbato è un vitigno della grande famiglia delle Malvasie. Pare sia arrivato in Sardegna attraverso la Spagna e abbia prosperato nei circa trecento anni di dominazione spagnola dell’isola. Era infatti molto amato dagli Spagnoli, che lo coltivavano per farne un vino da esportazione. Oggi è diffuso in un’area molto limitata, nel territorio di Alghero (Sassari), città che ha ancora strettissimi rapporti linguistici e culturali con la Catalogna, dove viene vinificato anche come spumante con la denominazione Alghero Doc.

Il Nuragus: vitigno a bacca bianca di Sardegna, rustico, di origine fenicia

Il Nuragus è, tra i vitigni a bacca bianca della Sardegna, il più coltivato subito dopo il Vermentino; si parla di circa tremilatrecento ettari concentrati nelle zone di Cagliari e Oristano. Pare sia stato introdotto dai navigatori fenici fondatori dell’antica città di Nora, le cui spettacolari rovine sono visibili e visitabili a sud-ovest di Cagliari. Si tratta di un vitigno molto rustico e adattabile, che regala un vino fresco, dalle sfumature verdi e dal sapore fiorito, che è tutelato da una Doc dal 1975.

vigna a Tresnuraghes
Una vigna nei pressi di tresnuraghes, Oristano - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati

Nasco dolce e aromatico, Semidano floreale e fruttato

Nasco e Semidano sono gli ultimi due vitigni a bacca bianca che vi presentiamo. La coltivazione del Nasco oggi è molto limitata e concentrata prevalentemente nei terreni calcarei e assolati situati dell’entroterra di Cagliari. Se ne ricava un vino già conosciuto al tempo dei Romani e che ha una Doc dal 1972. Il nome deriverebbe dal termine latino muscus (muschio), che allude al sapore caratteristico del Nasco invecchiato: dolce, persistente e molto profumato.
Il Semidano ha origini incerte; molto diffuso nell’antichità, durante le devastanti epidemie di filossera dal XIX secolo rischiò di scomparire sostituito da varietà più robuste come il Nuragus. Oggi viene coltivato soltanto in una piccola area collinare del Campidano di Oristano. Dalla vinificazione in purezza dell’uva Semidano si ottiene un vino paglierino dorato con sentori floreali e fruttati, che ha il marchio Doc dal 1995.

Bibliografia e sitografia:
Il vino in Sardegna. 3000 anni di storia, cultura, tradizione e innovazione, Ilisso, Nuoro 2010
Guida ai vitigni d’Italia. Storia e caratteristiche di 600 varietà autoctone, Slow Food, Bra 2011
Sardegna Agricoltura

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