Per il Gran Tour della Sardegna oggi parliamo di frutta secca e torrone



Frutta secca e torrone sardo - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati


Miele e frutta secca: gli ingredienti fondamentali per il torrone sardo. 

Per il Gran Tour della Sardegna di Aifb oggi parlo di mandorle, noci e nocciole, del torrone, della sua storia, della sua tradizione legata alle feste e a tutte le più belle sagre di paese.

Leggete.

**********************************************

Ecco l'articolo:

Gran Tour d’Italia, la Sardegna. Il torrone in Sardegna: storia e tradizioni
Frutta secca e torrone sardo - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati

Gran Tour d’Italia, la Sardegna. Il torrone in Sardegna: storia e tradizioni

Moltissimi dolci sardi sono preparati – in numerose versioni, diverse da paese a paese – con mandorle, nocciole e noci: pensiamo ad amaretti, gueffus, pabassinos, copulettas, candelaus, sospiros, gattò e, naturalmente, al torrone, che in Sardegna è morbido e ricco, preparato con il miele delle essenze mediterranee.

I mandorli e le mandorle di Sardegna: varietà e storia

I mandorli sono alberi diffusi in tutta la Sardegna, così come in tutti i paesi del Mediterraneo e del Medio Oriente; sono alberi a crescita lenta, ma molto longevi – possono raggiungere i mille anni – perdono le foglie in autunno, ma in primavera sono i primi a fiorire: bastano due giorni di sole a febbraio per poter ammirare i loro grandi fiori bianchi, che spiccano per qualche giorno su un cielo ancora invernale, per lasciar poi velocemente spazio alle foglie.

mandorle torrone sardegna
Mandorle sarde sgusciate - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati


In ogni campagna da nord a sud dell’isola, seppur piccola, si trova almeno un mandorlo e, un tempo, la produzione di mandorle poteva essere una buona fonte di reddito per una famiglia. La coltivazione a scopo commerciale – in particolare per l’esportazione – iniziò però solo all’inizio del ‘900 e declinò nel giro di un cinquantennio. Oggi in Sardegna sono dedicati alla coltivazione esclusiva del mandorlo solo duemilacinquecento ettari (concentrati al sud dell’isola), che si aggiungono ad altri settemila di colture promiscue. La resa è tale che la Sardegna è la terza produttrice italiana di mandorle, dopo la Sicilia e la Puglia. Le varietà locali sono la Arrubia, la Cossu, la Olla, la Schina ‘e porcu; leggermente diverse in termini di grandezza del frutto e di portamento dell’albero, ma tutte caratterizzate da quello che è il grande pregio delle mandorle sarde: il ridotto contenuto di acqua e il grande contenuto di olio, che costituisce fino al 58% del peso. Ciò esalta le qualità nutritive e organolettiche delle mandorle, ma anche il gusto e la durabilità dei dolci per cui si usano.

La coltivazione del nocciolo: meglio le varietà locali

Il nocciolo – in sardo nucedda, nuxedda, nizzòla, linzòla… – invece si può trovare solo in alcune zone montane dell’isola; storicamente la produzione commerciale è limitata quasi esclusivamente a circa cinquecento ettari nella Barbagia di Belvì, nei comuni di Aritzo, Belvì e Tonara, tutti in provincia di Nuoro. Negli anni ’20 del secolo scorso la Sardegna era al quarto posto in Italia per la produzione di nocciole; quarant’anni dopo gli ecotipi locali furono in gran parte sostituiti da varietà importate come, per esempio, la Tonda Gentile delle Langhe. Scelta non felice, tanto che questi impianti sono oggi completamente abbandonati.

Nocciole torrone sardegna
Nocciole sarde - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati

Il noce: un albero magico, molto amato in Sardegna

Per quanto riguarda le noci, la produzione in Sardegna è limitatissima e gli alberi raramente vengono sfruttati intensivamente a scopo commerciale; si tratta di alberi spontanei, spesso di grandi dimensioni, che crescono nei boschi a diverse altezze, oppure di alberi “di casa” – nughe, nuhe, còcoro, nòu… – piantati per ombreggiare il cortile e sfruttati non solo per i frutti, ma anche per il mallo che li ricopre e per le foglie, che servono per fare liquori, per la tintura dei tessuti e del legno, per dare bei riflessi ai capelli scuri, per allontanare gli insetti da armadi e cassapanche. Inoltre, qui come in altri paesi affacciati sul Mediterraneo, il noce e le noci avevano, e hanno ancora in alcuni casi, un’aura magica, tanto che con i gherigli, i gusci, il mallo, le foglie si preparavano amuleti dal valore apotropaico.

Il torrone: storia di un dolce molto amato in Sardegna

Mandorle, noci e nocciole sono utilizzate, come dicevamo, per dolci tradizionali come il torrone, che le sposa al miele sardo nelle sue diverse essenze. Il torrone è simbolo di festa per eccellenza ed è generalmente ancora preparato con metodiche artigianali, in particolare in alcuni paesi della provincia di Nuoro come Tonara – dove ogni anno a Pasquetta si tiene una frequentatissima sagra – Desulo, Aritzo.
Non è escluso che un dolce molto simile si producesse anche in tempi precedenti, ma le origini del torrone sardo come lo conosciamo oggi sono, con molta probabilità, spagnole e risalgono al XVII secolo quando, in alcuni documenti commerciali redatti tra importatori catalani e produttori sardi, si parla di un ordine di torrons blancs y negres e di neules (ostie). Un ordine cospicuo, tanto da indurre il produttore ad assumere manodopera aggiuntiva. Gli Spagnoli a loro volta avevano fatta propria una ricetta araba, già nota nell’alto Medioevo, che prevedeva di mescolare e cuocere insieme mandorle e miele. L’ostia che riveste il torrone “moderno” viene invece da Genova; l’industria Travi la commercializza nell’isola solo dal 1898.

Il torrone sardo: una ricetta semplice per un risultato squisito

La ricetta è in sé piuttosto semplice: si scalda il miele in su cheddargiu, un calderone di rame, si aggiungono albumi e si mescola fino a che il composto non monta; si abbassa il fuoco – che un tempo, nei piccoli laboratori, era alimentato a legna, possibilmente di agrifoglio che brucia senza fare fumo – e si cuoce per circa due ore. A quel punto si aggiungono (intere nei torroni di miglior qualità) mandorle o nocciole tostate, oppure noci. La massa viene lavorata con attrezzi di legno e versata in cassette – sempre di legno – rivestite di carta pergamena e ostie, dove viene lasciata a raffreddare. Ciò che conta è la qualità della frutta secca e del miele, che dev’essere usato in purezza, mai mischiato allo zucchero. Il torrone di noci, per esempio, è meno diffuso, è particolarmente delicato e ha una conservabilità limitata; quello di mandorle può essere prodotto con diverse eccellenti qualità di miele, compreso il raro miele di corbezzolo. Comuni a tutti i tipi di torrone sardo sono l’aspetto compatto, il colore avorio e la morbida cedevolezza in bocca dovuta alla preparazione tradizionale.
Gustare un ottimo torrone in Sardegna è facile; a ogni festa di paese – sia religiosa o mondana – le bancarelle per acquistarlo non mancano e spesso vengono organizzate piccole dimostrazioni della lavorazione. Non è raro vedersi offrire il torrone ancora caldo, spalmato su un’ostia o su un pezzo di pane; un’occasione da non lasciarsi scappare.


Bibliografia e sitografia:
Piante medicinali in Sardegna, Enrica Campanini, Ilisso, Nuoro 2009
La corilicoltura in Sardegna, Loru – Pantaleoni, Ispra
Sardegna Agricoltura – Produzioni vegetali, Sardegna Agricoltura – Ambiente e Territorio
Sardegna Agricoltura – prodotti tipici

Nessun commento:

Posta un commento

I commenti non sono moderati, quindi mi affido alla vostra capacità di essere gentili ed educati :-)
Se lo desiderate, potete anche mandarmi un messaggio privato. L'indirizzo lo trovate in alto a destra, sulla home page