Linguine alle melanzane con "pesto" di melanzane

 

La melanzana (Solanum melongena), che sia originaria dell'India o della Cina come sostengono alcuni, è stata comunque portata in Europa dagli Arabi, che per primi la coltivarono nell'odierna Spagna.

Una scelta felice! Cosa sarebbe oggi la cucina estiva senza la versatilità delle melanzane? E ribadisco c u c i n a  e s t i v a. Estiva. Estiva. Le melanzane sono figlie dell'estate; hanno bisogno di sole e di clima mite per diventare quella meraviglia che sono.



Linguine alle melanzane con "pesto" di melanzane (per 2 persone)

140 g di linguine

2 melanzane piccole 

2 cucchiai di pecorino grattugiato 

1 manciata di pomodorini

1 manciata di foglie di basilico

1 manciata tra noci e pinoli (già mondati)

1 grosso spicchio d'aglio

olio extravergine di oliva

 

Mondare le melanzane e ridurle a dadini di non più di mezzo centimetro di lato. Gettarle in una padella larga e bassa insieme ad abbondante olio e all'aglio tritato, o intero se poi volete eliminarlo.

Farle saltare o, comunque, muoverle continuamente finché saranno ben dorate e completamente cotte. Allontanarle dal fornello.

Mondare i pomodorini e tagliarli a metà o in quarti a seconda della dimensione e lasciarli a scolare in un setaccino.

Mentre cuoce la pasta nella tradizionale abbondante acqua salata, riunire nel mixer il basilico, pinoli e noci, il pecorino, un po' di olio, circa metà dei dadini di melanzana e, se vi piace, altro aglio. Aggiungere un cucchiaio di acqua di cottura della pasta e frullare a scatti per ottenere una crema. 

Riaccendere la fiamma sotto la padella con le melanzane, aggiungere la pasta appena scolata e il "pesto". mescolare velocemente aggiungendo un cucchiaio di acqua di cottura della pasta solo se occorre.


Sistemare le porzioni nei piati, aggiungere i pomodorini crudi e completare con un filino d'olio.

Non dovrebbe servire altro sale, vista la presenza del pecorino e delle noci, ma regolatevi secondo il vostro gusto.

 

 

Le mie tortille

 

In questi giorni, non so dire perché, mi sono riletta praticamente tutto d’un fiato i numerosi romanzi di Manuel Vásquez Montalbán con protagonista Pepe Carvalho. Anzi lo so perché: avevo bisogno di letteratura. Letteratura vera, ma senza il peso dell’accademia. E, mio personale parere, Vásquez Montalbán riesce a fare letteratura anche narrando semplicemente di un investigatore privato sui generis in una Spagna – quella dagli anni ‘70 fino al ’92, anno delle Olimpiadi – ancora giovane, ancora non del tutto libera e ancora tanto politicamente scorretta. Come noto Carvalho è un gourmet e anche un gran cuoco sempre in bilico tra la voglia di tradizione e la creatività sfrenata, ma mai derogante sul fronte della qualità degli ingredienti. In oltre venti libri Pepe si compera una volta una camicia, ma fa la spesa almeno duecento volte. Un motivo ci sarà.

 

Ispirata da Pepe e dalla sua Barcellona in evoluzione, ho cucinato una tortilla di patate. Una cosa così semplice e famigliare che, come ovvio, ognuno ha la propria ricetta. L’unico denominatore comune è che le patate sono a fette, non a cubetti, e che non devono cuocere nell’uovo.

 

Per 6 persone (o 12 come antipasto)

 

1 kg circa di patate

10 uova

olio

sale

pepe

erbe fresche (io timo, salvia, maggiorana e basilico, ma d’inverno va bene anche il rosmarino)

 


Sbucciare le patate e affettarle non troppo sottili con una mandolina (o a mano se siete molto abili con il coltello e avete pazienza) tuffandole via in una ciotola piena di acqua fredda.

 

Sbattere le uova con un po’ di sale e pepe. Sbattere con la forchetta, senza usare fruste o strumenti elettrici.

 

In una padella molto larga e molto bassa far scaldare abbondante olio extravergine di oliva e, al momento opportuno, gettarvi un paio di manciate di fette di patate non prima di averle ben scolate e asciugate con uno strofinaccio. Lasciare le altre a bagno. Le patate devono essere cotte, leggermente dorate e assolutamente intatte, non rotte o sfatte, quindi siate delicati e non mescolatele con nessun strumento, ma fatele solo saltare con quegli abili movimenti di polso che sapete (io prendo il manico della padella con entrambe le mani, perché ho polsi poco affidabili). Quando sono pronte stenderle su carta da cucina.

 

Procedere così, via via aggiungendo altro olio in padella e attendendo che si scaldi prima di gettare altre fette, fino a cuocere tutte le patate.

 

Accendere il forno e portarlo a 200°.

 

Ungere generosamente una teglia rettangolare se poi volete tagliare la tortilla in quadrati da servire come antipasto/aperitivo, o tonda se volete poi tagliarla a fette e servirla come piatto forte. L’importante è che la teglia sia grande il giusto da consentire almeno tre strati di fette di patata.

 

Stendere le patate in strati, soprapponendo le fette solo leggermente e riempiendo bene tutta la teglia.

 

Passare le erbe fresche con la mezzaluna e ricavarne un trito non troppo fine. Aggiungerlo alle uova battute e mescolare.

 

Versare le uova sopra le patate, scuotere la teglia perché il contenuto sia uniforme e infornare. Cuocere circa 8 minuti sul ripiano centrale, 3 – 4 minuti sul fondo del forno; 3 – 4 minuti sul ripiano più alto.

 

Sfornare e lasciar intiepidire prima di tagliare e servire. Ottima anche fredda il giorno dopo (mai conservarla in frigorifero, mi raccomando!) 

 

 

 


Penne ricotta e cipolle di Banari

 

Le cipolle che si coltivano a Banari (Sassari) sono dei pesi massimi delle cipolle: pesano anche un chilo l'una!
 
Inoltre sono dolci e succose e hanno un bel colore dorato. Si possono affettare fini fini, stufare lentamente con poco olio extravergine di oliva e poi, una volta morbide, lontano dal fuoco, si possono unire a della ricotta di pecora matecata con olio, un pizzico di sale e prezzemolo fresco. 
 
A quel punto non resta che condirci delle penne scolate al dente.

 


 

Insalata di ceci neri

 

 

I ceci neri sono piccolini, rugosi, resistenti a ore e ore di ammollo (almeno 36...) e particolarmente ricchi di ferro.
 

Quelli che crescono nei territori di Acquaviva delle Fonti, Cassano delle Murge, Sant’Eramo in Colle e pochi altri comuni limitrofi (tutti in provincia di Bari) sono denominati Ceci neri della Murgia carsica e sono un presidio Slow Food.
 
Ma si coltivano anche in altre località, compresa la Sardegna. Ottimi in minestra e, in estate, anche in insalata con tutte le verdurine fresche che vi vengono in mente.
 
 
 

 

Tarte renversèe alle nespole

 

Il mese di giugno dell'Orata Spensierata Digest, la micro-rivista/newsletter dell'Orata era pieno di nespole. In insalata (vedi post precedente), nelle storia, in giardino e in questa tarte renversèe facile facile.


Per una tortiera da 26 centimetri

200 g di farina di grano tenero tipo 0, oppure
di farro
100 g di burro freschissimo
1 cucchiaino di zucchero di canna
1 pizzico di sale
+
8-10 nespole (a seconda della dimensione)
50 g di burro
50 g di zucchero di canna

 


Setacciare la farina in una ciotola, unire il
burro morbido a pezzetti, lo zucchero e il sale.


Lavorare in punta di dita aggiungendo due
cucchiai di acqua molto fredda. Formare una
palla di pasta, avvolgerla e conservarla in
frigorifero per almeno 30 minuti.


Nel frattempo sbucciare le nespole, tagliarle a metà logitudinalmente, eliminare i semi e le
loro guaine.


In una pirofila adatta sia ai fornelli sia al forno far sciogliere lentamente il burro con lo zucchero; sistemarvi le nespole con la parte convessa verso il basso e far caramellare dolcemente per circa 20 minuti.


Riprendere le pasta, stenderla a 3 millimetri
di spessore e sistemarla sopra la frutta,
rimboccandola torno torno.
 

Infornare in forno ventilato già a 200° e
cuocere per 25 minuti. Aprire il forno, estrarre la torta e ribaltarla subito (con cautela) su un piatto da portata, facendo colare tutto l'eventaule caramello
rimasto sul fondo. 

Non sarà mai "perfetta" questa torta, ma il gusto è impagabile. 

 

 

 

Insalata di nespole


Insalata di nespole (e verdure e semini): fresca, dissetante, sana.

Le nespole sono state argomento dell'Orata Spensierata Digest di giugno.

 


 

Pain perdu alle fragole

 

Ultimissime fragole della stagione. Forse le migliori, da cogliere una a una al punto di maturazione perfetto. Dolci e profumate. Ma facilmente deperibili. 
 
E allora il modo migliore per usarle è fare una composta al volo con pochissimo zucchero, un pizzico di scorza di limone grattugiata, una cottura veloce e versarla sul pane.
 
Il pane, raffermo, del tipo con la mollica compatta, che si può affettare facilmente, va immerso in un mix di uova battute e latte (o panna fresca se preferite) con un... zic di zucchero e poi fritto in padella in (tanto!) burro spumeggiante.
 
Ecco: il pain perdu alle fragole

Un dolce della tradizione francese campagnola, tra i più semplici possibili, ma di sicura soddisfazione.