Cena in vigna: la notte di San Giovanni con la Cantina Sorres di Sennori

 

La serata è quella giusta: quella che sfuma nella notte di San Giovanni, tradizionalmente ricca di significati e misteri in molte culture. Peccato che sia il 2024 e che quest’anno l’estate sia presa dai dubbi tipo Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Quindi, in poche parole, è nuvoloso, minaccia pioggia e fa freddo. Ma non si può rimandare: l’apertura di stagione delle Cene conviviali in vigna della Cantina Sorres è adesso!

 


Addentrarsi tra uliveti e vigneti, sulle tipiche stradine bianche – che bianche qui sono di fatto, non perché non asfaltate, ma perché il calcare di cui è fatta questa parte di Romangia, nei comuni di Sennori e Sorso, è veramente di un morbido bianco – è la solita avventura. Polvere, sassi, taaaanti sassi, un po’ di salitelle ripide, qualche pianoro, angolini fitti fitti di vegetazione con mille tonalità di verde e piccole scintille viola di scabiosa e gialle di iperico e poi carote selvatiche alte almeno un metro ondeggianti al vento (freddo).

 

Laura Fiori, titolare insieme alla sorella Delia di Cantina Sorres, ci accoglie e ci guida nell’ultimo tratto, da percorrere a piedi, attraverso la vigna, raccontandoci non solo la storia – che coinvolge almeno tre generazioni e prevede una svolta importante nel 2013 – ma soprattutto la filosofia dell’azienda. Che utilizza metodi di coltivazione e produzione che si sforzano di rispettare in generale l’ambiente e in particolare l’ecosistema locale, fatto di una comunione di piante, coltivate e non, e animali: insetti impollinatori, uccelli, piccoli predatori e, anche se sono decisamente invadenti, cinghiali.

 


La vigna che attraversiamo, piantata anni or sono, è di Merlot, una varietà non tipica del territorio, ma tutto sommato ben adattata, che ha imparato a sopportare il maestrale e la salinità dell’aria – il mare è lì, a una manciata di chilometri e visibile da ogni punto del percorso –  e che Laura e Delia hanno deciso di sposare all’indigeno Cannonau in un vino riserva che si chiama S’Affidu (il matrimonio). Un matrimonio in piccolo, tanto che nel 2021, l’annata ora in commercio, sono state prodotte solo quattrocento bottiglie.

 

I terreni vitati qui sono tutti in pendenza – in media del 30% – e il calcare bianco si alterna e strati più scuri, ma con le stesse caratteristiche pedologiche; non vengono irrigati e non vengono estirpate le erbe selvatiche per evitare dilavamento e dispersione dovuta al vento, per cui raggiungere il nostro “luogo magico” prevede una certa salita, ma ne vale la pena.

 

L’allestimento che ci attende è straordinario. Un colpo d’occhio bellissimo. Un tavolo apparecchiato –  letteralmente – nella vigna. Un tavolo vero, con tovaglia di cotone a fiori e piatti di ceramica, quelli di casa, diversi uno dall’altro e per questo preziosi e semplici allo stesso tempo; bicchieri adatti ai vini che ci verranno proposti e bottiglie colorate. 

 


 

Un perfetto scenario instagrammabile, direte voi. Esatto! Ma proprio! E qui si scava in un battito di ciglia il solco, il baratro direi, tra le generazioni. Nel tempo in cui io sono a malapena riuscita a inforcare gli occhiali per non usare la mia reflex troppo a casaccio, i ragazzi di @igers_sardegna – eh, sì, lo vedo, anagraficamente potrebbero essere tutti miei figli… – hanno già catturato duemila immagini con il cellulare, maneggiato camere mirrorless come prestigiatori, approntato cavalletti e persino fatto volare un drone. Eh, ma tu hai l’esperienza! Direte sempre voi. Mica tanto… Vabbè.

 

Mentre il mio cane rosicchia sassi più grandi di lui, importuna tutti e si riempie di polvere grufolando come un cinghialetto tra i filari, noi ci godiamo la cena preparata con prodotti del territorio da Margherita di Margot Coffee&Food. Cena accompagnata dalla degustazione di Su Biccu, un Vermentino Doc che, sebbene abbia nel bicchiere un colore particolarmente chiaro, ha 15,5% e un gusto secco e minerale molto deciso. Oltre a una bellissima etichetta, dove appare appunto la stilizzazione di su biccu, il fazzoletto-copricapo del costume tradizionale femminile di Sennori.

 

Segue un calice di Pensamentu, un Cannonau Doc 100%, bandiera dell’azienda di cui Laura sottolinea la durabilità e spiega come, a parità di qualità, per il gusto di un vino contino le tante variabili stagionali, meteorologiche e climatiche. Una continua evoluzione e una continua sorpresa (nei limiti, ovvio), anche perché per questo, come per gli altri vini prodotti, la filosofia dell’azienda è quella di non utilizzare altro che il passaggio in acciaio, evitando quello nei legni.

 


Concludiamo la degustazione con S’Affidu, di cui dicevamo prima, una vera chicca con una etichetta preziosa e una decisa propensione all’invecchiamento. Le chiacchiere accompagnano ogni piatto e ogni calice. E sono uno degli scopi di questi incontri nella vigna: impossibile non fare nuovi incontri o rispolverare esperienze e amicizie comuni; d’altronde qui il mondo è abbastanza piccolo. La nostra isola sarà pure un continente, come ci piace dire, ma piccolo. 

 

Ci ha scacciato la pioggia… siamo ridiscesi attraverso la vigna facendoci luce con i telefoni e riparandoci con sciarpe e giacche tirate sulla testa come ombre di streghe e folletti evocati dalla notte magica di San Giovanni. E poi, invece, la luna, infingarda, piena e gialla, è apparsa vicinissima all’orizzonte.  

  

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07036 Sennori
Sardegna – Italia
Tel. Italia:
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