Per il Gran Tour della Sardegna di Aifb oggi parlo di formaggi di pecora. Di quei pecorini che possono fregiarsi del marchio Dop e che tutti amiamo gustare soli o nelle più diverse ricette.
Un po' di storia, un po' di tecnica e tanto gusto. Leggete.
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Ecco l'articolo:
Pecorino sardo con le pere - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati |
Gran Tour d’Italia, la Sardegna. Alla scoperta dei pecorini Dop
Dall’archeologia alla moderna commercializzazione con il marchio Dop: i pecorini di Sardegna sono formaggi di antica origine e giustamente famosi
per la loro bontà e versatilità in cucina. Ci occupiamo oggi dei tre
tipi di pecorino prodotti in Sardegna che possono fregiarsi del marchio
Dop: il Pecorino Sardo Dop; il Fiore Sardo Dop; il Pecorino Romano Dop.
Di altri ottimi pecorini parleremo in altri articoli di questo Gran Tour
della Sardegna.
Il bellissimo bronzetto detto Re pastore, ritrovato a Sorso (Sassari) nel santuario di Serra Niedda e datato tra il X e il IX secolo a.C., ne è una ulteriore conferma: le pecore significavano ricchezza, prestigio e potere. Diversi viaggiatori dell’antichità come Diodoro (I secolo a.C.) e Pausania (II secolo d.C.) parlano dei sardi come di pastori; i Romani in Sardegna raccoglievano grano duro, facevano provvista di lana e sardiniense caseum. Molto probabilmente si tratta dell’antenato di quel formaggio pecorino prodotto ancor oggi ovunque in Sardegna; da poche forme fatte in famiglia, alla produzione nei microcaseifici con spaccio a livello locale, fino alla grande azienda che vende i suoi formaggi nel resto d’Italia e in tutto il mondo.
Oggi, seguendo il disciplinare, il latte intero di pecora viene inoculato con fermenti lattici della zona d’origine e coagulato con caglio di vitello; la cagliata, dopo una semicottura, viene pigiata in stampi cilindrici, spurgata dal siero e salata. La stagionatura varia da venti a sessanta giorni. Il procedimento è molto semplice: la differenza la fanno il latte e, soprattutto, la qualità del pascolo e il benessere delle pecore. Il risultato è comunque eccellente, al netto delle preferenze personali.
Il Pecorino Sardo dolce Dop è morbido, elastico e leggermente acidulo: ottimo da solo e immancabile sul tavolo dello “spuntino”,
entra come ingrediente amatissimo in molti piatti. Il Pecorino Sardo
maturo Dop è granuloso, aromatico, non salato, adatto a essere
grattugiato. Il Consorzio di tutela
ha sede legale a Cagliari, a Villa Muscas, un edificio molto antico che
fu un monastero, che comprende persino un pozzo databile al II secolo
d.C. Oggi ospita anche il Centro della Cultura Contadina, che conserva
grandi sorprese: non ultima un trattato sulla viticoltura del XVI
secolo.
Si tratta di un pecorino decisamente forte, saporito, con una personalità molto spiccata. Si produce in diversi luoghi del centro Sardegna – Ollolai, Ovodda, Lodine, Fonni e Orgosolo, tutti in provincia di Nuoro – ma la sua casa ideale è a Gavoi (Nuoro), bellissimo paese di montagna che vanta la produzione anche di altri prodotti d’eccellenza. Qui ha sede il Consorzio per la Tutela del Formaggio Fiore Sardo Dop. Il Fiore è Dop dal 1996 ed è anche Presidio Slow Food.
È interessante scoprire da dove viene il nome di questo formaggio e le opzioni sono due: o dal fiore di cardo, dal quale si ricava un caglio adatto a innescare la coagulazione del latte di pecora in caso di carenza di caglio animale; oppure dal fiore inciso a mano sul fondo dello stampo di legno di castagno o di pero che, un tempo, si usava per la sua fabbricazione. Questa seconda ipotesi pare la più probabile; oltre al fiore, sul fondo degli stampi, detti pischeddas, era spesso inciso anche il monogramma del produttore, che, in questo modo, rendeva riconoscibile il suo prodotto. Ci sono ancora, a Gavoi, alcuni anziani artigiani in grado di intagliare questi stampi e visitare i loro laboratori è davvero un tuffo nel passato.
Il Fiore Sardo Dop viene prodotto con latte crudo intero, munto da pecore di razza Sarda,
e fatto coagulare con caglio d’agnello. La stagionatura si può
protrarre per diversi mesi; le forme vengono sistemate su letti di
canne, vicino o sopra il focolare, così che si asciughino e si
affumichino leggermente; poi trasferite in locali freschi dove passano
il loro tempo anche direttamente sul pavimento. Infine le forme vengono
massaggiate con olio e sale. Si consuma al naturale, o in abbinamento
con il miele di cardo o di corbezzolo; è ottimo grattugiato come condimento in molti piatti e quello poco stagionato è perfetto come ripieno dei ravioli.
Il Pecorino Romano Dop è un formaggio a pasta dura, piuttosto salato,
prodotto con solo latte di pecora e caglio di agnello locale in forme
molto grandi, che possono pesare fino a 35 chili. Le forme, a volte,
sono “cappate” di nero, altrimenti la crosta è liscia e di color giallo
paglierino, mentre la pasta è praticamente bianca. La
stagionatura è di almeno cinque mesi per il Pecorino Romano da tavola e
otto mesi per il Pecorino Romano da grattugia. Malgrado la produzione
massiccia, questo tipo di pecorino non è molto utilizzato per la cucina
locale.
Bibliografia e sitografia:
Formaggio e pastoralismo in Sardegna. Storia, cultura, tradizione e innovazione, Ilisso, Nuoro 2015
Atlante Slow Food dei prodotti italiani, Slow Food, Bra 2012
Sardegna Agricoltura: Produzioni animali – Ambiente e Territorio – Prodotti tipici
La Sardegna: terra di bravi pastori e di ottimi formaggi
Sardegna è una terra di bravi pastori e di ottimi formaggi. Il famoso archeologo Giovanni Lilliu (1914-2012) era convinto che i nuragici fossero già pastori stabili, proprietari di greggi e di terre. Questo ben prima che le moderne tecniche di indagine archeologica confermassero che nei villaggi adiacenti ai nuraghi si trasformava il latte bovino e ovino in formaggio già nel XVII-IX secolo a.C.Il bellissimo bronzetto detto Re pastore, ritrovato a Sorso (Sassari) nel santuario di Serra Niedda e datato tra il X e il IX secolo a.C., ne è una ulteriore conferma: le pecore significavano ricchezza, prestigio e potere. Diversi viaggiatori dell’antichità come Diodoro (I secolo a.C.) e Pausania (II secolo d.C.) parlano dei sardi come di pastori; i Romani in Sardegna raccoglievano grano duro, facevano provvista di lana e sardiniense caseum. Molto probabilmente si tratta dell’antenato di quel formaggio pecorino prodotto ancor oggi ovunque in Sardegna; da poche forme fatte in famiglia, alla produzione nei microcaseifici con spaccio a livello locale, fino alla grande azienda che vende i suoi formaggi nel resto d’Italia e in tutto il mondo.
Pecore sarde la pascolo - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati |
Il Pecorino Sardo Dop: dal XVIII secolo a oggi
Il Pecorino Sardo è tutelato dal marchio Dop dal 1996 nelle sue due tipologie: dolce e maturo. È un formaggio “codificato” nelle tecniche di produzione fin dal XVIII secolo, quando dalla Sardegna si esportavano circa dodicimila quintali di pecorino di vario tipo ogni anno. Quello conservato in salamoia partiva per Napoli, ma anche Marsiglia; quello più delicato raggiungeva Genova e Nizza; quello affumicato navigava verso la vicina Corsica e il resto della Liguria.Oggi, seguendo il disciplinare, il latte intero di pecora viene inoculato con fermenti lattici della zona d’origine e coagulato con caglio di vitello; la cagliata, dopo una semicottura, viene pigiata in stampi cilindrici, spurgata dal siero e salata. La stagionatura varia da venti a sessanta giorni. Il procedimento è molto semplice: la differenza la fanno il latte e, soprattutto, la qualità del pascolo e il benessere delle pecore. Il risultato è comunque eccellente, al netto delle preferenze personali.
Una ceramica artistica - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati |
Assortimeno di pecorini sardi - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati |
Il Fiore Sardo Dop: un nome gentile per un formaggio forte
Il Fiore Sardo Dop è un altro grande formaggio sardo ancor oggi prodotto direttamente dai pastori. È molto probabilmente quel cacio sardesco confezionato in forme non grandi citato nel 1776 da Francesco Gemelli, torinese, esponente del riformismo ed esperto di storia della Sardegna, ma ha di certo origini molto più antiche, visto che viene citato anche da Rutilio Tauro Emiliano Palladio, nobile scrittore romano e proprietario terriero proprio in Sardegna, già nel IV secolo d.C.Si tratta di un pecorino decisamente forte, saporito, con una personalità molto spiccata. Si produce in diversi luoghi del centro Sardegna – Ollolai, Ovodda, Lodine, Fonni e Orgosolo, tutti in provincia di Nuoro – ma la sua casa ideale è a Gavoi (Nuoro), bellissimo paese di montagna che vanta la produzione anche di altri prodotti d’eccellenza. Qui ha sede il Consorzio per la Tutela del Formaggio Fiore Sardo Dop. Il Fiore è Dop dal 1996 ed è anche Presidio Slow Food.
È interessante scoprire da dove viene il nome di questo formaggio e le opzioni sono due: o dal fiore di cardo, dal quale si ricava un caglio adatto a innescare la coagulazione del latte di pecora in caso di carenza di caglio animale; oppure dal fiore inciso a mano sul fondo dello stampo di legno di castagno o di pero che, un tempo, si usava per la sua fabbricazione. Questa seconda ipotesi pare la più probabile; oltre al fiore, sul fondo degli stampi, detti pischeddas, era spesso inciso anche il monogramma del produttore, che, in questo modo, rendeva riconoscibile il suo prodotto. Ci sono ancora, a Gavoi, alcuni anziani artigiani in grado di intagliare questi stampi e visitare i loro laboratori è davvero un tuffo nel passato.
Stampo tradizionale per Fiore sardo intagliato a mano - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati |
Il Pecorino Romano Dop: una precisa strategia commerciale per un formaggio noto in tutto il mondo
Il Pecorino Romano Dop ha, invece, una storia un po’ diversa. Si produce in Sardegna solo dal XIX secolo, a seguito di una precisa strategia commerciale. In quel periodo i venditori di formaggi di Lazio e bassa Toscana, vista l’esiguità della produzione di latte nelle loro zone, pensarono di far produrre il pecorino – molto richiesto – anche in Sardegna. Nel giro di pochi anni la produzione sull’isola aumentò esponenzialmente; nel 1912 era arrivata a quasi centomila quintali; oggi copre il 90% di tutto il Pecorino Romano Dop prodotto in Italia. Questo formaggio si produce infatti anche nelle provincie di Grosseto e in tutto il Lazio. Ha ottenuto la Dop nel 1996, nonché, vista la sua diffusione in tutto il mondo, anche il marchio “Roman cheese made from sheep’s milk” rilasciato nel giugno 1997 dall’United States Patent and Trademark degli Stati Uniti d’America. Il Consorzio per la tutela del formaggio Pecorino Romano esiste fin dal 1979 e ha sede a Macomer (Nuoro).Vecchi bidoni per la raccolta del latte - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati |
Bibliografia e sitografia:
Formaggio e pastoralismo in Sardegna. Storia, cultura, tradizione e innovazione, Ilisso, Nuoro 2015
Atlante Slow Food dei prodotti italiani, Slow Food, Bra 2012
Sardegna Agricoltura: Produzioni animali – Ambiente e Territorio – Prodotti tipici