Quando in famiglia mi vedono girare con Jerusalem, il tomo (circa 320 pagine) di
Yotam Ottolenghi e Sami Tamimi, sanno che a breve la mia cucina si riempirà di
profumi di spezie e di sapori nuovi. La cosa accade spesso: quel libro l’ho
praticamente consumato portandomelo in giro per la casa dal divano al banco
della cucina, dal letto alla terrazza e imbottendolo di segnalibri, nastrini e
Post-it. In realtà non so dire se ho mai riprodotto una ricetta esattissimamente
come viene descritta nel libro, ma l’ispirazione che ogni volta riesce a
trasmettermi la sua lettura è impagabile. Questa è una di quelle volte. Nel
libro non c’è specificamente una minestra di barbabietola, spinaci e ceci, ma a
me è venuta voglia di farla. A modo mio.
È una preparazione semplice e, se usate ceci
già cotti, è anche veloce, ma il sapore e il colore sono assolutamente
esplosivi. Se poi, come ho fatto io – che lo produco in casa ogni volta che
posso – aggiungete, per completare, un po’ di labneh* con la sua cremosa
acidità, avrete un piatto davvero soddisfacente, che avrete voglia di rifare.
Per 4 persone:
500 g circa di spinaci freschi novelli
1,5 l circa di brodo vegetale (o anche
semplice acqua)
250 g circa di barbabietola fresca
200 g circa di ceci già cotti
4 grossi spicchi d’aglio
olio extravergine di oliva
sale
pepe
2 cucchiai di succo di limone
1 cucchiaino da tè di baharat**
4 cucchiai di labneh condito con poco sale e
poco olio
Lessate “al dente” i ceci in sola acqua non
salata dopo averli lasciati in ammollo per almeno 36 ore. Ci vorrà poco meno di
un’ora. Scolateli e sciacquateli. Naturalmente, visto l’impegno, in questi casi
è meglio cuocerne in abbondanza e usare quelli in eccesso per altre preparazioni
(un hummus non lo vuoi fare? o una bella insalata con cavolo nero e arance?). Altrimenti
usate ceci già cotti in vasetto, ma che siano di ottima qualità: scolateli e
sciacquateli.
Mondate gli spinaci – eliminando i gambi più
lunghi, che però possono essere conservati e riutilizzati, per esempio nel
ripieno di una torta salata o dei ravioli – e lavateli accuratamente. Sapete
meglio di me quanto sia necessario lavarli più volte; spiace usare tutta
quell’acqua ma ahimè si deve. Se possibile usate una vaschetta e riciclate l’acqua
per innaffiare le piante e sciacquateli solo alla fine sotto l’acqua corrente. Scolateli.
Mondate e riducete in dadini la barbabietola.
Mondate e affettate finemente l’aglio.
Scaldate il brodo già pronto.
In una pentola per minestre scaldate
abbondante olio, gettatevi l’aglio e fatelo rosolare. Aggiungete i dadini di
barbabietola, mescolate per far insaporire. Bagnate con abbondante brodo e
iniziate la cottura.
Dopo circa 20 minuti aggiungete i ceci, mescolate
e aggiungete un pochino di sale.
Dopo altri 10 minuti potete aggiungere gli
spinaci e altro brodo. Non appena gli spinaci – che in un primo momento saranno
voluminosissimi, ma si ridurranno in fretta – sono amalgamati, assaggiate e
regolate di sale.
Cuocete 5 minuti, poi allontanate dal fuoco e
aggiungete il succo di limone, il baharat e, se occorre, ancora un pochino
d’olio e un pochino di pepe.
Distribuite la minestra nei piatti e
completate ognuno con un cucchiaio di labneh che avrete lavorato brevemente con
olio e sale. Se volete, aggiungete ancora un soffio di baharat. Potete servire
questa minestra anche tiepida.
·*Il
labneh, o labna è un il “formaggio” di yogurt comune a tutto
il Levante. Per prepararlo in casa basta procurarsi del buon yogurt greco (o tipo
greco, ovvero intero e denso), oppure yogurt fatto in casa, e condirlo con un
pizzico di sale: circa 5 grammi per 500 grammi di yogurt. Dopo averlo sistemato
in un telo bianco di cotone o lino – oppure in un colino non metallico foderato
con garza di cotone – bisogna lasciarlo
sgocciolare del proprio siero. Se possibile meglio completare l’operazione a
temperatura ambiente, ma se fa molto caldo è consigliabile tenerlo in frigorifero.
Dopo 24 ore il labneh è pronto. Ma dopo 48 è ancora meglio.
**Il baharat è una miscela di spezie che, in genere, viene
definita “molto piccante”. Non necessariamente: come accade per tutte le
miscele di spezie ne esistono moltissime versioni. Il baharat “standard”
comprende noce moscata, pepe, chiodi di garofano, cannella, cardamomo, paprica,
peperoncino, aglio e cumino con piccole varianti. L’origine di questa miscela –
il cui nome, baharat (anche nella versione biharat), in arabo
significa semplicemente spezie – viene collocata in Persia (Iran), ma è
usata più o meno in tutti i Paesi arabi e nel Magreb. Più usata per le carni,
secondo me (semplice opinione personale) dà invece il meglio di sé con le
verdure.