Per il Gran Tour della Sardegna di Aifb oggi si parla di pane. Il pane quotidiano. Avete mai cercato di contare i pani della Sardegna? Di fare mente locale su quante differenze di sapore, forma, consistenza e… nome ci sono tra i pani prodotti nei tantissimi piccoli paesi della Sardegna? C'è da perderci la testa!
In questo articolo ho cercato di toccare vari aspetti del pane, di elencarne i tipi, di farne un po' di storia da nord a sud dell'isola e di trasmettere le emozioni che mi suscita. Aspetto i vostri commenti.
******************************************* Ecco l'articolo:
Gran Tour d’Italia, la Sardegna. La Sardegna e il suo pane quotidiano: un numero quasi infinito di varietà
In tutte le regioni affacciate sul Mediterraneo il pane è un elemento fondamentale, sia dal punto di vista materiale sia da quello culturale. La Sardegna non fa eccezione e, anzi, colpisce il numero quasi infinito di pani quotidiani e speciali, “da viaggio”, secchi, duri, morbidi, schiacciati, senza mollica, biscottati; cerimoniali, artistici, legati alle ricorrenze e ai santi del calendario e al variare delle stagioni; pani giocattolo e pani figurati; pani dal valore apotropaico. Oggi alcuni sono prodotti di nicchia, lavorati a mano e cotti in un forno tradizionale a legna; tipici di un solo paese, dove sono indicati con un nome locale, a volte sconosciuto nel paese confinante.Pane sardo tradizionale a forma di coroncina - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati |
Dalle antiche pintadere alle mani delle donne: una breve storia del pane sardo
Secondo recenti studi di paleobotanica, i cereali si coltivavano in Sardegna già nel VI millennio a.C. e già nel Neolitico finale (3200-2800 a.C.) si utilizzavano dei grandi dischi di ceramica che servivano sia per spianare sia per cuocere sulle braci qualcosa di molto simile a una focaccia. Sono invece del IX secolo a.C. le più antiche pintadere – stampi rotondi per il pane, divenuti oggi un vero e proprio simbolo della Sardegna e utilizzate (spesso un po’ a sproposito) in varie rielaborazioni grafiche – ritrovate a Villanovaforru, nel Sud Sardegna. Per i Fenici e i Romani la Sardegna fu un vero e proprio granaio; Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) parla di diverse qualità di grano sardo, non tutte ottime, ma robuste e produttive. Nel 203 d.C. a Roma si dovettero persino costruire dei silos aggiuntivi per conservare il grano importato dall’isola.Nel XII secolo le tecniche e le tecnologie per la produzione casalinga del pane non dovevano essere molto diverse da quelle che si applicano ancor oggi. Nel condaghe (un documento amministrativo in uso nella Sardegna bizantina e giudicale) conservato nel monastero annesso a Santa Maria di Bonarcado (Oristano) si dice che la panificazione era un compito squisitamente femminile e tale è restato. Lo confermano anche i viaggiatori stranieri che visitarono l’isola tra il XVIII e il primo XX secolo: rilevano tutti che le tradizioni riguardo il pane e la sua produzione venivano religiosamente rispettate. Fino a qualche decennio fa nel corredo delle spose figuravano cesti e utensili per tutte le fasi della lavorazione del grano e per la panificazione.
Il pane: simbolo di identità da non tradire
Ancor oggi molti visitatori hanno la sensazione che la “vera Sardegna” sia un luogo conservativo, arcaicizzante, pieno di segreti. In parte, per quanto riguarda il pane, è davvero così: ogni comunità ha il suo e lo produce custodendo stampi, gesti, utensili e saperi con gelosia, come un segno distintivo della propria identità. Possiamo dividere i pani sardi in due macrocategorie: i pani quotidiani e i pani rituali. I pani rituali, legati alle ricorrenze familiari o della comunità, alle cerimonie private e pubbliche costituiscono un mondo a parte, una vera forma d’arte; quella che l’antropologo Alberto Mario Cirese definì felicemente nel 1973 arte plastica effimera. Di questi pani parleremo in un prossimo articolo.Cesto con pane pistoccu di Paulilatino - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati |
Il pane in Sardegna: valore materiale, ma anche spirituale
Questo a grandi linee, poiché esistono – come in tutte le generalizzazioni – le eccezioni. Ciò che è comune da nord a sud e a tutti i tipi di pane è il valore. Il pane buono ha un valore materiale e culturale; è nelle storie tramandate oralmente, nelle fiabe, nelle leggende, nei proverbi, nelle opere letterarie. Chi ne è privo alza un canto di protesta come in Nanneddu meu del poeta Peppino Mereu (1872-1901), diventata anche una popolare canzone:… como sos populos
cascant che cane
gridende forte
cherimus pane
famidos nois
semus pappande
pan’e castanza
terra cun lande…
(ora la gente sbadiglia come i cani/ gridando a gran voce vogliamo pane/ e noi affamati/ mangiamo/ pane di castagne/ la terra con le ghiande)
Chi ne ha, invece è salvo, perché qui paghet pane non morit de fame! (chi ha pane non muore di fame). Grazia Deledda (nata a Nuoro nel 1871, premio Nobel per la letteratura nel 1926) ne scrive in Sino al confine, in La via del male e in Canne al vento; Giuseppe Dessì (1909-1977) in Paese d’ombre; Salvatore Cambosu (1895-1962) in Miele amaro; Sebastiano Satta (1867-1914) in Canti barbaricini e il grande Salvatore Satta (1902-1975) ne Il giorno del giudizio.
I musei del pane: una importante risorsa per il territorio isolano
Il pane è nel quotidiano e nella festa. Non manca mai sulle tavole dei sardi e mantiene una specie di aura sacra, tanto che si va spesso alla ricerca del pane di una specifica località, di una certa focaccia, di un certo pistoccu. Personalmente posso fare parecchi chilometri per fare scorta di un pane particolarmente buono e non mi perdo mai le sagre del pane come quelle di Villaurbana o di Samugheo, o di Paulilatino (in provincia di Oristano) cui si è aggiunta di recente quella di Sanluri (Sud Sardegna), dove è stato inaugurato un Museo del pane. E di musei dedicati a queste “opere effimere” in Sardegna ce ne sono altri: a Borore (Nuoro) e a Monteleone Roccadoria (Sassari), senza dimenticare l’affascinante sezione dedicata al pane del rinnovato Museo Etnografico sardo di Nuoro. Recentissima l’inaugurazione di un nuovo museo del pane, progettato e allestito secondo i più moderni criteri e l’attiva partecipazione di esperti di diverse discipline: si tratta della Casa del pane di Pompu (Oristano), che invito tutti a visitare.Il pane sardo: protagonista di molte ricette
I pani quotidiani, oltre ad accompagnare pietanze e salumi, sono spesso a loro volta ingrediente principale di molte ricette. Per esempio la tradizione di Bonorva, patria del pane zichi, prevede due preparazioni: il pane uddidu, ovvero lo zichi tagliato a strisce, cotto in brodo di pecora, scolato e condito con un trito di lardo e prezzemolo; il pane a fittas, ovvero il pane zichi cotto in brodo di carne e poi condito con un ghisadu (una sorta di ragù di carne) e abbondante pecorino. Oltre la tradizione? Pane zichi con i carciofi, con i funghi, o con la bottarga.Anche il pane pistoccu si può utilizzare come una pasta: si taglia in strisce quando è ancora morbido, lo si fa seccare all’aperto in cesti di asfodelo (non nel forno!) e poi lo si cuoce in acqua o brodo condendolo semplicemente con pomodoro e pecorino, o con qualsiasi altro sugo si voglia, ovviamente. Sia il pane zichi, sia il pane pistoccu rientrano nell’elenco dei Pat (Prodotto agroalimentare tradizionale) della Sardegna.
Bibliografia e sitografia:
La sacralità del pane in Sardegna. Riti, credenze, miti e simboli della panificazione tradizionale, Marisa Iamundo de Cumis, Carlo Delfino Editore, Sassari 2015
La lingua dei santi. Cibo e vino nel tempo tra sacro e mondano, Alessandra Guigoni, Aracne, Roma 2017
Sardegna Agricoltura; Istituto Etnografico della Sardegna
Nessun commento:
Posta un commento
I commenti non sono moderati, quindi mi affido alla vostra capacità di essere gentili ed educati :-)
Se lo desiderate, potete anche mandarmi un messaggio privato. L'indirizzo lo trovate in alto a destra, sulla home page