Per il Gran Tour della Sardegna di Aifb oggi si va in campagna a ricercare varietà di frutta e verdura poco comuni. Nell'articolo si parla del valore dell'acqua - ne sapevano qualcosa i Nuragici.... - e della straordinaria biodiversità agricola che caratterizza l'isola: un patrimonio dal valore inestimabile che deve assolutamente essere protetto e valorizzato.
Leggete e fatemi sapere cosa ne pensate.
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Ecco l'articolo:
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Ecco l'articolo:
Frutta sarda - |
Gran Tour d’Italia, la Sardegna e la sua biodiversità agricola: un patrimonio inestimabile
I Nuragici e il culto dell’acqua, l’acqua come elemento
fondamentale per sostenere la grandissima biodiversità agricola che
caratterizza la Sardegna e, infine, una banca del Dna, fondamentale per
tutelare questo patrimonio. La Sardegna è una terra da visitare, da
osservare con attenzione, che ha moltissimo da mostrare e da…
assaggiare: sapori rari e addirittura unici.
Lo sapevano i romani, che, per esempio, costruirono un acquedotto che portava acqua fresca e di qualità dalle fonti di Sassari alla città costiera Turris Libissonis, la moderna Porto Torres, e che fondarono la loro colonia proprio lì non solo per il porto naturale, ma anche perché il territorio era attraversato da ben due fiumi. Uno navigabile, seppur breve.
Non va dimenticato, inoltre, che in Sardegna ci sono ben trentotto laghi artificiali; tra questi il Lago Omodeo, un bacino artificiale che è stato per lungo tempo il più grande d’Europa.
Parlando d’acqua si arriva agli orti, ai frutteti e alle coltivazioni che, in Sardegna come altrove, ne hanno bisogno per rimanere vitali. Oggi il concetto che la salvezza del pianeta passa per la salvaguardia della biodiversità in generale e di quella agricola in particolare è ormai chiaro a tutti, ma non è sempre facilmente applicabile. In una regione che mantiene intatte molte tradizioni legate al mondo agropastorale potrebbe trovare applicazioni interessanti.
Per custodire questo tesoro a Nuraxinieddu (Oristano) c’è un’azienda
sperimentale del Cnr (Centro Nazionale Ricerche) e a Sassari c’è l’Ispa (Istituto
di scienze delle produzioni alimentari), dove si conserva una ricca
collezione di antiche varietà da frutta del germoplasma autoctono della
Sardegna, il cui materiale è stato raccolto e selezionato con un lavoro
durato oltre vent’anni.
A Bonarcado (Oristano) c’è un ciliegeto comunale che si chiama s’Ortu Mannu dove si raccolgono ancora la Zazzaresa, la Muscadelina, la Biancale, varietà introdotte nel Medioevo dai monaci camaldolesi. Il tutto all’ombra della splendida basilica romanica di Santa Maria che da sola vale la visita e che, guarda caso, conserva una fontana da cui sgorga acqua purissima.
Parlando di fagioli invece le varietà censite sono oltre centoventi;
ma sono probabilmente molte di più e ancora si studia sia per tracciare
con precisione la mappa genetica di quelle conosciute, sia per
scoprirne altre. Il fagiolo di Terraseo – frazione di Narcao,
piccolissimo paese della zona di Carbonia – è un legume candido e ovale
che arrivò dalle Americhe alcuni secoli fa insieme a molte altre piante
commestibili, tanto comuni e indispensabili da sembrare che siano sempre
esistite. Qualche contadino ha continuato negli anni ad affidare alla
terra il patrimonio genetico di quello specifico fagiolo. E ha
continuato a consumarlo come sempre, con la fregula o con qualche altra
pasta “di casa”, e a conservarne un po’ per l’anno successivo portando
fino a noi questa piccola meraviglia.
E la stessa cosa devono aver fatto coloro che coltivavano il fagiolo tianese, ovvero di Tiana, in provincia di Nuoro, o il fassobeddu corantinu (fagiolino quarantino) tipico di Gonnosfanadiga e comuni limitrofi nel Sud Sardegna, o il buffo fasgioru mascharaddu di Sorso (Sassari), presente in due varianti: bianco e nero oppure bianco e marrone.
Circa trenta sono le varietà di susine, come la Limuninca di colore giallo intenso; la Corittu a forma di cuore e la Sighera dal sapore aromatico. E una prugna dal nome evocativo, anche se un po’ inquietante: sa pruna de sanguini a coru de caboni, ovvero color del sangue di cuore di gallo. E poi ci sono i fichi Monteleone con la buccia nera; i Rampellina con frutti grandi e dolcissimi o la varietà Bianca, che si gusta sia a fine giugno con frutti grandi e dal sapore delicato, sia a fine estate con frutti più piccoli ma tremendamente dolci.
Senza dimenticare le nespole Ciprò, piccoline e tipiche di Sassari, e le dolcissime albicocche della varietà Busucciu (o Bisucciu), piccole e piene di lentiggini rosse.
Alcuni di questi fagioli, ciliegie, pere, mele figurano tra le voci dell’Elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Sardegna ovvero sono uno di quei prodotti agroalimentari le cui procedure di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo e comunque per un periodo non inferiore ai venticinque anni secondo il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.
Bibliografia e sitografia:
Le Vecchie Varietà della Sardegna, M. Agabbio, Carlo Delfino editore, Sassari 1994
Piante medicinali in Sardegna, Enrica Campanini, Ilisso, Nuoro 2009
Sardegna Agricoltura; Sardegna Turismo; Sardegna Cultura; Ispa – Cnr Sassari
La Sardegna e l’acqua: oggetto di culto e fonte di vita
A molti visitatori estivi la Sardegna appare come una regione caldissima, dove la mancanza d’acqua è la norma; dove, quindi, piante e animali paiono avere vita grama. Non è esattamente così: lo sapevano bene i Nuragici (1800 a.C. – 238 a.C. circa) che avevano nel culto delle acque la propria principale manifestazione di religiosità e che si riunivano periodicamente nei pressi dei pozzi sacri officiando cerimonie, decidendo di questioni importanti per la comunità, ma anche scambiandosi prodotti della terra e di artigianato.Lo sapevano i romani, che, per esempio, costruirono un acquedotto che portava acqua fresca e di qualità dalle fonti di Sassari alla città costiera Turris Libissonis, la moderna Porto Torres, e che fondarono la loro colonia proprio lì non solo per il porto naturale, ma anche perché il territorio era attraversato da ben due fiumi. Uno navigabile, seppur breve.
Non va dimenticato, inoltre, che in Sardegna ci sono ben trentotto laghi artificiali; tra questi il Lago Omodeo, un bacino artificiale che è stato per lungo tempo il più grande d’Europa.
Parlando d’acqua si arriva agli orti, ai frutteti e alle coltivazioni che, in Sardegna come altrove, ne hanno bisogno per rimanere vitali. Oggi il concetto che la salvezza del pianeta passa per la salvaguardia della biodiversità in generale e di quella agricola in particolare è ormai chiaro a tutti, ma non è sempre facilmente applicabile. In una regione che mantiene intatte molte tradizioni legate al mondo agropastorale potrebbe trovare applicazioni interessanti.
Verdure degli orti sardi - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati |
Una banca a cielo aperto del Dna vegetale
La Sardegna, un’isola sufficientemente grande per avere coste sabbiose e rocciose, montagne, colline, pianure, aree popolate e altre completamente deserte, è il luogo ideale per mantenere intatto il Dna delle specie viventi; custodisce infatti moltissime specie endemiche selvatiche sia vegetali – quasi duecento – sia animali; un vero scrigno di biodiversità. Ma questo vale anche per le specie addomesticate e coltivate. Alcune non sono autoctone, come i fagioli o i fichidindia, che sono arrivati qui dalle Americhe attraverso la Spagna, ma si sono perfettamente adattate alla vita sull’isola; altre sono antichissime. Gli studi di paleobotanica ci stanno regalando gradite sorprese: è recente la scoperta di alcuni semi di vite nel sito di Sa Osa, presso Cabras (Oristano) che, analizzati al carbonio14, sono risultati vecchi di circa tremila anni.Spensierata diritti riservati |
Le ciliegie e i fagioli: a ogni paese dell’isola la sua varietà
Solo per fare un esempio: esistono ben venticinque varietà di ciliegie sarde, come la Furistera dolce e croccante; la Tenalgia piccola e intensamente profumata; la Carruffale precoce e agrodolce. Ci sono le ciliegie tipiche di Burcei (Cagliari) e quelle tipiche di Bonnanaro (Sassari). A Lanusei (Nuoro) le varietà coltivate tradizionalmente sono la Comuna, la Cordoffali, quella detta de Baunei, e quella chiamata de Ispiritu o Barracocca, che è adatta a essere conservata con l’acquavite.Ciliegie di Bonarcado Spensierata diritti riservati |
Spensierata diritti riservati |
Il fasgioru mascharaddu - Foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata diritti riservati |
Molti panorami e infinite varietà locali di frutta: una enorme ricchezza
A far ombra ai moltissimi orti sardi ci sono fronde di alberi utili e produttivi. È sarda la mandorla Arrubia, la Olla, la Schina de porcu. Così come le varietà di pera: la Camusina di Bonarcado (Oristano), o la Pira de Bau di Gonnosfanadiga (Sud Sardegna); o di mela, come la Miali tipica della zona di Sassari.Circa trenta sono le varietà di susine, come la Limuninca di colore giallo intenso; la Corittu a forma di cuore e la Sighera dal sapore aromatico. E una prugna dal nome evocativo, anche se un po’ inquietante: sa pruna de sanguini a coru de caboni, ovvero color del sangue di cuore di gallo. E poi ci sono i fichi Monteleone con la buccia nera; i Rampellina con frutti grandi e dolcissimi o la varietà Bianca, che si gusta sia a fine giugno con frutti grandi e dal sapore delicato, sia a fine estate con frutti più piccoli ma tremendamente dolci.
Nespole della varietà Ciprò - foto di Cristiana Grassi/Orata Spensierata - diritti riservati |
Alcuni di questi fagioli, ciliegie, pere, mele figurano tra le voci dell’Elenco nazionale dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della regione Sardegna ovvero sono uno di quei prodotti agroalimentari le cui procedure di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo e comunque per un periodo non inferiore ai venticinque anni secondo il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.
La pompìa, un agrume particolare che cresce solo in Sardegna
La pompìa (Citrus mostruosa) è un agrume che cresce in una sola e limitata zona della Sardegna: il territorio del comune di Siniscola (Nuoro), nella regione storica della Baronia. Si tratta di un ibrido spontaneo noto da poco più di duecento anni – lo cita per la prima volta Andrea Manca dell’Arca nel suo Agricoltura di Sardegna del 1780 circa – che cresce benissimo allo stato selvatico. L’albero è grande, frondoso e fitto di spine; i frutti sono grandi, pesanti, gialli come un pompelmo, ma globosi e irregolari e non edibili se non trasformati, con lunghi procedimenti, in dolci buonissimi quanto rari. L’interesse per la pompìa è aumentato quando ne sono state scoperte e verificate le proprietà medicamentose: l’olio essenziale è un efficace antinfiammatorio, antibatterico e antivirale. La pompìa di Siniscola è anche Presidio Slow Food.La Cipolla di San Giovanni Suergiu tra i prodotti Pat
L’ultima arrivata nella lista dei centonovantotto prodotti Pat della Sardegna è la cipolla di San Giovanni Suergiu, nel Sulcis, zona sudoccidentale della Sardegna, provincia del Sud Sardegna. Questa particolare cipolla viene coltivata – in modo continuativo e accertato – da oltre cento anni nei piccoli orti di famiglia; è biancorosata, molto dolce e, grazie alla sua composizione organolettica, particolarmente digeribile. È un prodotto di nicchia, che ben rappresenta la straordinaria biodiversità agricola sarda, che rischiava di andare perduto e che è stato invece “salvato” grazie all’impegno congiunto di alcuni giovani e illuminati agricoltori, di alcuni anziani (anche centenari) del paese, dall’antropologa e socia onoraria di Aifb Alessandra Guigoni e della sindaca Elvira Usai, che ringrazio per la foto della cipolla che mi ha gentilmente inviato.Frutta e verdura dalla cucina di grandi cuochi alla sagra di paese
C’è un altro importante riconoscimento che questi prodotti locali e identitari possono raggiungere: essere inseriti tra le specialità servite nei migliori ristoranti dell’isola ed essere parte integrante della gastronomia locale, in onore della quale si organizzano fiere e degustazioni. Il famoso cuoco Luigi Pomata presenta il suo proverbiale tonno su un letto di Fagioli bianchi di Terraseo; ma non è l’unico a utilizzare frutta e verdura locali per le proprie ricette. Molte sono anche le sagre dedicate a queste varietà, la maggior parte in estate, ma non solo; la stessa cipolla di San Giovanni Suergiu viene celebrata con una festa che dura cinque giorni tra degustazioni, convegni e cooking show, in concomitanza con la festa patronale di San Giovanni Battista, il 24 giugno.Bibliografia e sitografia:
Le Vecchie Varietà della Sardegna, M. Agabbio, Carlo Delfino editore, Sassari 1994
Piante medicinali in Sardegna, Enrica Campanini, Ilisso, Nuoro 2009
Sardegna Agricoltura; Sardegna Turismo; Sardegna Cultura; Ispa – Cnr Sassari
Ho letto tutto il programma della biodiversità della Sardegna molto interessante. Per sentio dire esiste una varieta antica di fagioli (bocca di monza).
RispondiEliminaSì, sì, esiste eccome! I "bocca di monza" o "cara di monza" sono i classici fagioli cosidetti "con l'occhio", ovvero con una macchia nera che spicca sul bianco nel punto in cui sono attaccati al baccello. Sono gli unici fagioli autoctoni del Vecchio Mondo. Ovvero non arrivano dalle Americhe, ma erano già noti ai Greci e ai Romani e... presumibilmente, anche ai nostri padri sardi. Grazie per aver letto l'articolo con tanta attenzione!
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