Vellutata di zucca con cavolo nero

 

La differenza tra minestra e minestrone (potage) con o senza pasta; zuppa (soupe), crema (crème) e vellutata (velouté) credo di averla già chiarita più di una volta nelle pagine del blog, quindi non sto a ripetermi.

 

Questa è decisamente una vellutata classica, a parte il fatto che ho usato l'aglio al posto dello scalogno. Di zucca. E sarebbe perfetta così com’è, semplice semplice. Ma, poiché le zucche qui sono, ahimè, decisamente poco saporite, bisogna inventarsi qualcosa per vivacizzarla. Il cavolo nero! Che ci sta sempre bene, che è di stagione e che fa anche un bell’effetto cromatico. E poi qualche dadino di guanciale nostrano buonissimo, grasso come dev’essere, ma non “unto”, non so se riesco a farvi cogliere la sottile differenza…

 

Il procedimento è, come sempre, semplicissimo. L’unica accortezza, in quanto vellutata, è avere del brodo di pollo già pronto e possedere un frullatore a immersione (che può già bastare) e un setaccio finissimo (proprio per eccesso di zelo, eh!).

 


Per 4 persone

 

800 g circa di zucca

1 l circa di brodo di pollo

2 grosse patate

20 foglie grandi (circa) di cavolo nero

1 fetta di guanciale (1 centimetro circa di spessore)

2 grossi spicchi d’aglio

1 cucchiaio di amido di mais

olio extravergine di oliva

sale

pepe

4 cucchiaini di yogurt (facoltativi)

 

Mondate la zucca eliminando semi, filamenti e scorza. Vi dovrebbero rimanere circa 700 - 650 grammi di polpa. Tagliatela a dadini.

 

Mondate il cavolo nero eliminando, se troppo spesse e dure, le venature centrali delle foglie. Tagliate il resto a striscioline e lavate accuratamente.

 

Sbucciate, mondate e lavate le patate, poi fatele a dadini.

 

Mondate l’aglio e affettatelo sottilissimo; con una mandolina, se l’avete.

 

Il brodo di pollo. Se lo avete preparato in anticipo come me, che lo cucino e lo conservo in freezer, avrete probabilmente già provveduto a sgrassarlo; io lo lascio raffreddare bene e poi tolgo in grasso in un blocco unico – affiora – prima di metterlo nei contenitori. Se lo avete cucinato al momento fatelo raffreddare un pochino, poi filtratelo con un colino a maglie fittissime (ne avete uno da tè? ecco, è perfetto). In ogni caso per questa preparazione riscaldatelo e tenetelo a portata di mano.

 

Riducete il guanciale a dadini o striscioline, come preferite.

 

Ora, in una pentola per minestre fate scaldare circa 4 cucchiai d’olio con l’aglio. Gettatevi i dadini di zucca e patata e fate insaporire mescolando. Chiudete con un coperchio e riducete il fuoco al minimo. Cuocete qualche minuto. Cospargete con l’amido di mais e mescolate ancora.

 

Aggiungete qualche mestolo di brodo, mescolate, poi coprite bene le verdure con altro brodo e iniziate la cottura. Aggiungete brodo poco per volta tenendo presente che non ci vorranno più di 20 minuti.

 

Nel frattempo in una padella fate scaldare i dadini di guanciale. Non appena iniziano a sfrigolare unite il cavolo nero ancora bagnato, ma non grondante, e fate saltare. Chiudete con un coperchio, portate il fuoco al minimo e fate cuocere finché il cavolo nero non sia tenero (più o meno lo stesso tempo in cui cuoceranno zucca e patate). Se occorre aggiungete un pochino di brodo. Non serve salare, ma, se vi piace, pepate leggermente.

 

Quando zucca e patate saranno pronte regolate di sale e pepe. Lavorate la minestra con il frullino a immersione fino a ottenere un composto fluido, morbido e… vellutato (appunto). Passate il tutto attraverso un setaccio finissimo per scrupolo.

 


Distribuite la vellutata nei piatti, aggiungete il cavolo nero con il guanciale al centro di ognuno e poi decorate con un pochino di yogurt intero, naturale e cremoso: una punta di acidità dà il tocco finale.

 

Se avete tempo di prepararli, dei crostini di pane non guastano. Che siano di pane buono e rustico, però.

 

 


Uova in... nido di cavolo nero

 

Di cavolo nero in questo blog si parla molto, magari anche troppo. Finiti gli anni in cui qui sull’isola era difficilissimo trovarlo, oggi è disponibile praticamente ovunque, mercatino Coldiretti compreso. E per me inizia la stagione! Minestre, zuppe, creme, contorni, ripieni, “chips”, bruschette… 

 

Nell’Orata Spensierata Digest del novembre 2021 trovate un articolo su storia, coltivazione e curiosità, tutto (quel che so io), insomma, sul cavolo nero.

 

Questo, invece, è un piatto con tre ingredienti e il procedimento è talmente intuitivo che non varrebbe la pena descriverlo, se non fosse che, magari, vi possono servire un paio di trucchetti.

 


Per 4 persone

 

8 uova freschissime

2 mazzi medi di cavolo nero

2 spicchi d’aglio

2 cucchiai di formaggio grattugiato (pecorino)

olio extravergine di oliva

sale

+

semi si sesamo

sommacco macinato *

 

Scegliete le foglie di cavolo nero scartando quelle mangiucchiate (i rischi della coltivazione biologica) o, eventualmente, un po’ appassite. Spuntate la base e togliete parte della venatura centrale di quelle più grandi. Riunitele di nuovo in un mazzo e, tenendole strette, tagliatele a striscioline con un coltello grande e affilato. Lavatele accuratamente.

 

Sbucciate e tritate, o affettate, l’aglio. Fatelo velocemente appassire in una padella larga e accogliente, poi gettatevi il cavolo nero ancora grondante acqua.

 

Lasciate cuocere a fuoco dolcissimo (usate una retina spargifiamma, se serve) aggiungendo un pochino d’acqua. Ci vorranno circa 20 minuti, ma assaggiate e ritenetelo pronto quando sarà tenero secondo il vostro gusto. Salate leggermente.

 

Con il cucchiaio di legno appiattite bene il cavolo nero, poi formate 8 incavi e rompete un uovo in ognuno.  Chiudete immediatamente con il coperchio e, sempre a fuoco dolcissimo, lasciate che si rapprenda l’albume. Le uova assumeranno un aspetto traslucido.

 


Allontanate dal fornello, cospargete con il formaggio e con i semi di sesamo. Su ogni tuorlo aggiungete un pizzico di sommacco e servite immediatamente. 

 

*https://it.wikipedia.org/wiki/Rhus_coriaria


Petto di pollo al limone con crema di ceci

 

Durante la mia infanzia il “pollo al limone” era il cavallo di battaglia culinario di mia mamma. Non sapeva cucinare, diciamocelo serenamente, ma era fantasiosa per l’epoca… Comunque mi pare di ricordare che mettesse in forno cosce e ali di pollo ad arrostire coperte di fettine di limone e unte con un po’ d’olio? burro? non saprei. Il limone naturalmente si bruciacchiava ed era quello che dava il sapore caratteristico al pollo.

 

Non che ci pensi spesso, intendiamoci, non è certo il pollo al limone che ha segnato la mia infanzia, né mi ha “indicato la strada”, né rimane nel mio cuore associato al ricordo della scarsa capacità culinaria di mia mamma. Non sono il tipo. Era per dire che pollo e limone stanno benissimo insieme. Potevo farlo con molte meno parole, anche perché se cercate con Google pollo - and - limone ottenete in 0,3 secondi 10.700.000 disparatisssssssime occorrenze. E siete impegnati per qualche settimana.

 

In questa ricetta del pollo serve solo il petto. Pollo ruspante, però! Quello che potete ancora trovare da un macellaio serio come il mio, quindi un petto sodo e saporito, non molliccio e acquoso. Tagliato a fettine e cotto nel sughetto lasciato dalle fettine di limone (eccole!) e poi adagiato su una crema di ceci. Semplicissimo da fare, anche per chi non ha molta dimestichezza, ma non manca di fantasia.

 


Per 4 persone

 

1 petto di pollo intero di circa 500 g

400 g circa di ceci già cotti

3 limoni bio

1 cucchiaio grande (circa) di miele di cardo o simile (non troppo dolce)

2 spicchi d’aglio

olio extravergine di oliva

sale

pepe verde da macinare al momento

pepe rosa in grani

semi di sesamo

 

I ceci seguono due strade. Se partite da quelli secchi metteteli a bagno almeno 36 ore prima, poi lessateli in semplice acqua senza aggiungere né sale, né aromi fino a che non saranno superteneri, ma non disfatti. Ci metteranno un po’, ma non distraetevi. Poi scolateli e tenete da parte un po’ di acqua di cottura. Altrimenti, se non avete tempo o voglia, optate per dei buoni ceci in scatola o in barattolo. Che non siano disfatti, ma sodi e, ugualmente, conservate un po’ di acqua di governo.

 

Dividete il petto di pollo in due, eliminate l’ossicino e tagliate il tutto a fettine non sottilissime.

 

Lavate i limoni e affettatene sottili due. Aprite il terzo perché ne userete il succo.

 

In una padella larga e antiaderente disponete le fettine di limone ben distese, irroratele con un po’ di succo di limone, olio e miele a piacere. Salate e pepate leggermente. Lasciate cuocere dolcemente finché non si scuriranno, poi giratele e ripetete l’operazione. Attenzione che non si brucino!

 

Mettete i ceci nel vaso del mixer, aggiungete 1 spicchio d’aglio, olio, sale, pepe, succo di limone e un po’ di acqua di cottura (o di governo) e azionate a scatti finché non avrete una crema morbida. Per olio, sale, pepe, limone e acqua andate a occhio, assaggiate e procedete poco per volta.

 

Quando i limoni saranno pronti, prelevateli dalla padella delicatamente con una pinza e teneteli da parte. Aggiungete al sughetto rimasto sul fondo un filino d’olio e l’altro spicchio d’aglio intero. Fate insaporire, poi cuocete - rigirandole due o tre volte - le fettine di pollo.

 


Nel frattempo disponete sui piatti qualche cucchiaiata di crema di ceci, sistemate poi le fettine di pollo ben calde e infine aggiungete quelle di limone. 

Cospargete con semi di sesamo non tostati (ma anche tostati, se li preferite) e qualche bacca di pepe rosa. Io non aggiungo sale, ma è a vostro gusto. Portate subito in tavola.

 

 

 

 


Uva&risotto

 

Risotto con le fragole (primavera), risotto con le mele (autunno), ma anche con le pere, con l’uva, con i cachi… basta che apriate Internet e troverete un sacco di ricette interessanti di risotti preparati con la frutta di stagione. 

 

Ecco. Quindi cosa ve ne fate della mia di ricetta del risotto con l’uva. Nulla. Anche perché il procedimento è quello standard per i risotti. Burro, cipolla, tostatura, brodo vegetale casalingo e… riso buono (per me sempre il Carnarolis di @RisOristano)

 


Solo che io con l’uva ci ho messo anche un po’ di portulaca. Avete presente, no? Ne abbiamo parlato un sacco nel numero di luglio 2021 dell’Orata Spensierata Digest. Da allora la portulaca selvatica che avevo raccolto in territorio di Ittiri si è data da fare e spunta inaspettata in ogni vaso del terrazzo in cui ci sia un po’ di spazio, snobbando bellamente quello a cui l’avevo ingenuamente destinata. Il suo sapore è fresco, leggermente acidulo in piacevole contrasto con il dolce dell’uva. Uva che proviene dalla pergola domestica di un amico che ce ne ha fatto gentilmente dono.

 

Per 4 persone

 

280 g circa di riso varietà per risotti (Carnaroli)

1,5 l circa di brodo vegetale

½ grappolo d’uva bianca da tavola (o quella che vi piace di più) di medie dimensioni

½ cipolla bionda di medie dimensioni

4 cucchiai di Parmigiano Reggiano non troppo stagionato grattugiato

2 grosse noci di burro

1 manciata di foglie di portulaca selvatica

1 cucchiaio d’olio extravergine di oliva

vino bianco secco

sale

pepe bianco

 

Mondate la cipolla e tritatela finemente al coltello. Ponetela in una casseruola dal fondo spesso adatta ai risotti insieme a una noce di burro e all’olio extravergine di oliva e a un pizzichino di sale.

 

Mondate l’uva, lavatela e aprite gli acini con un coltellino affilato ed eliminate accuratamente i semi.

 

Scaldate il brodo vegetale.

 

Mondate e lavate la portulaca. Se le foglie vi paiono troppo grandi tritatele grossolanamente.

 

Accendete il fornello, fate sciogliere il burro e appassire la cipolla finché non è traslucida. Tenetela da parte con tutto il condimento.

 


Nella stessa casseruola fate tostare a secco e a fuoco vivace i chicchi di riso fino a che anch’essi non appaiano traslucidi. Muoveteli continuamente. Devono tostare in modo che rilascino poi gradatamente l’amido in cottura rendendo il risotto cremoso, non bruciacchiare.

 

Bagnate con vino bianco e poi lasciate evaporare. Aggiungete la cipolla tenuta da parte con tutto il condimento e mescolate, poi cominciate a cuocere il riso aggiungendo brodo via via e mescolando. A metà cottura - nove, dieci minuti – aggiungete metà portulaca e metà uva. 

 

Un minuto prima di fine cottura aggiungete la restante uva e la restante portulaca e aggiustate di sale e pepe macinato al momento.

 


A cottura ultimata allontanate la casseruola dal fornello, aggiungete la seconda (grossa) noce di burro e il formaggio grattugiato. Mescolate delicatamente e servite subito.