Dolcetti semplicissimi al cioccolato: molto, molto consolanti


Freddo, neve, nebbia, pioggerella... Non ci stiamo facendo mancare niente in questa settimana prenatalizia in città! Non mi ha ripagato abbastanza dei disagi passare due ore in un nuovo bellissimo museo, oggi: avevo bisogno di cioccolato!

Quindi un'oretta del pomeriggio è servita per confezionare questi dolcetti semplicissimi e molto, molto consolanti.



240 g di uova (in numero di quattro, più o meno)
125 g di zucchero (va bene sia bianco, che di canna)
125 g di mandorle con la buccia
50 g di olio extravergine di oliva
100 g di (ottimo) cioccolato fondente
10 g di cacao amaro in polvere
10 g di rum scuro

Accendere il forno e preriscaldarlo a 200°.
Tritare con un tritatutto elettrico le mandorle insieme a metà dello zucchero e il cacao.

Sciogliere (meglio se a bagnomaria) il cioccolato con l'olio e il rum.
Montare con una frusta le uova con lo zucchero (non aspettatevi una spuma bianca, però, perché lo zucchero è poco in proporzione alle uova).

Unire i tre gruppi di ingredienti e finire di amalgamare tutto per bene con una spatola.
Versare il composto in 12 stampini singoli o in quelle comode teglie con "alloggiamenti multipli". Lo stampo andrà unto con olio se volete fare completamente a meno della farina e del burro, altrimenti andrà imburrato e infarinato tradizionalmente.

Cuocere a 200° per circa 12 minuti mantenendo lo stampo a mezza altezza (per sicurezza controllare con uno stecchino).
Lasciare riposare un pochino, quindi scodellare i dolcetti su una griglia e lasciarli raffreddare.

Con il tè di pomeriggio, con crema pasticciera o panna montata la sera dopo cena: ottimi anche nel latte la mattina dopo!


p.s.
se volete consolarvi di più, o consolare più amici (sono belli confezionati con carta da forno e nastro rosso!) raddoppiate le dosi della ricetta e preparate 24 dolcetti!

Un chutney tutto viola, dalla prugna alla cipolla


Grosse prugne viola, di quelle viola scuro fuori e viola scuro dentro. In pratica quelle che non mi piacciono (a parte il colore)… e che, per giunta, sono ormai un tantino fuori stagione. 

Per sfruttarle c'era un unico modo: trasformarle!



700 g di prugne viola pulite e senza nocciolo
350 g di cipolle rosse (se di Tropea meglio, altrimenti accontentatevi)
500 g di zucchero di canna grezzo
150 g di aceto di vino rosso
1 cucchiaino di zenzero in polvere
1 cucchiaino di miscela di curry (già pronta o, se siete degli esperti, della "vostra" miscela)

Tagliare a grossi pezzi le prugne e metterle direttamente nella pentola dove andranno cotte. Unire le cipolle tagliate a fette sottili, lo zucchero e l'aceto. Mescolare bene, quindi chiudere la pentola e lasciar riposare per circa 6 ore. 

Mettere la pentola sul fuoco molto dolce, unire lo zenzero e il curry e lasciar sobbollire mescolando abbastanza spesso per circa un'ora. Passare velocemente il chutney con il frullino a immersione senza insistere troppo: si devono vedere sia i pezzi di prugna, sia le cipolle. 

Sterilizzare i vasetti, versarvi il composto, chiuderli bene e lasciarli raffreddare a testa in giù. 
Da sperimentare con il pollame arrosto.


Dentro la cipolla c'è il cus cus


Domenica gastronomicamente… pesante? Lunedì depurativo!

Per evitare il classico riso bollito che mi mette di malumore, ho preparato ugualmente un piatto tutto bianco, salutare, ma almeno non banale. Le cipolle lessate, lo sanno tutti, sono diuretiche e ricche di sostanze utili all'organismo; le mele sono buone e… il cus cus sta bene con tutto.




Una grossa cipolla bionda per ogni commensale
cus cus precotto
mela renetta (o golden)
olio
sale



Mondare le cipolle e lessarle in acqua (appena il necessario per coprirle) pochissimo salata e leggerissimamente acidulata. Nel frattempo mondare le mele e tagliarle a dadini. 

Scaldare l'acqua per il cus cus, aggiungere pochissimo sale e pochissimo olio, quindi gettarvi le mele e sobbollire per alcuni minuti. Gettarvi anche il cus cus, spegnere il fornello e lasciarlo gonfiare. 

Scolare le cipolle, adagiarle sul piatto di servizio e aprirle leggermente togliendone il cuore (che si potrà utilizzare per una minestra). Riempire la cipolla con il cus cus alla mela, irrorare con un filo d'olio crudo e servire subito.

Riciclare! Una zuppa (più che altro) di pane e una bruschetta sui generis


Una serie di serate fuori casa non programmate mi ha lasciato del pane da riciclare. 

Qui sull'isola il pane è sempre mediamente più-che-buono, ma raggiunge vette di eccellenza soprattutto quando è cotto nel forno a legna e prodotto con la lievitazione naturale, utilizzando "la madre" (madriga, madrighe, madrigga, framentu, frammentalzu, frammentarzu, frementalzu, fremmentarzu, frommentarzu… e non me ne vogliano coloro i quali non si sentono rappresentati da tutte queste varianti, ma altre non me ne vengono in mente!). 

Quindi, in effetti, non è mai "immangiabile", ma sempre degnamente riciclabile in moltissime preparazioni, non ultima un bel caffellatte mattutino ovviamente. Comunque io ho provato in pochi giorni due varianti appetitose e semplicissime: una zuppa di cime di rapa e una sorta di condimento con le erbette per servire... il pane!

Per la zuppa procedere come per una normale minestra; ovvero fare un trito di carota, sedano e cipolla (io ho messo anche un mezzo spicchio d'aglio) e lasciarlo appassire in olio buono, aggiungere poi un bel mazzo di cime di rapa mondato, lavato e ben sminuzzato, qualche cucchiaio di passata di pomodoro e brodo vegetale in abbondanza. 


Lasciar cuocere (le cime di rapa necessitano di un tempo abbastanza lungo). Il pane, affettato non troppo fine, va posto in forno cosparso da una generosa dose di pecorino semistagionato grattugiato e fatto tostare; quindi si compongono i singoli piatti mettendo un paio di fette di pane e irrorando con la minestra.

Per il sugo procedere affettando sottilmente aglio e cipolla e facendoli appassire in olio, unire poi pomodori freschi (qui se ne trovano ancora di campo a fine novembre: un miracolo!), pomodori secchi e passata di pomodoro. Aggiungere poi delle erbette fresche ben lavate e tagliate molto molto sottili e far cuocere, possibilmente senza aggiungere acqua, a tegame coperto. 


Scaldare del brodo (io avevo in freezer un po' di buon brodo di carne, che ha dato maggior sapore, ma anche del brodo vegetale andrà benissimo), quindi usarlo per bagnare almeno tre fette a testa di pane sistemate direttamente nel piatto e leggermente oliate. Coprire il pane con il sugo e servire (volendo con una spolverata leggera di pecorino grattugiato).


Non è il solito polpo-e-patate; ci sono anche i funghi


L'idea mi è venuta per caso. Perché, facendo la spesa, il mio sguardo è stato attirato da due enormi funghi cardoncelli (o antunna, qui sull'isola) che mi sono stati subito simpatici con la loro forma esuberante e il tono vellutato delle loro cappelle concave e perché avevo già scongelato un piccolo polpo per il pranzo.



Polpo
patate
funghi antunna
pomodoro fresco
sedano
carota
aglio, cipolla
prezzemolo
olio, sale
pepe bianco, peperoncino



In una pentola che lo contenga comodamente cuocere il polpo intero in acqua aromatizzata con un piccolo gambo di sedano (o alcune foglie), una piccola carota e un paio di guaine di cipolla (naturalmente, se volete metterci anche il classico tappo di sughero non c'è niente di male…). 

Nel frattempo lessare con la buccia le patate in acqua leggerissimamente acidulata.

Schiacciare uno spicchio di aglio, tritare un pezzetto di cipolla e un piccolo gambo di sedano, quindi scaldarli in una padella larga e bassa, sfumare con pochissimo vino bianco secco (facoltativo) e unire i funghi. 

Farli saltare a fuoco vivace perché perdano la maggior parte della loro acqua quindi unire i pomodori freschi puliti e tagliati a dadini. Cuocere solo qualche minuto.

Scolare le patate, sbucciarle e farle a pezzetti. 


Scolare il polpo, raffreddarlo velocemente per maneggiarlo meglio e tagliarlo a piccoli pezzi eliminando gli scarti (occhi, becco…). 

Unire le patate e il polpo ai funghi in padella, irrorare con pochissimo olio, unire un pizzico di peperoncino e far saltare un paio di minuti. Spolverare con prezzemolo fresco appena tritato al coltello. 

Mescolare bene e  versare in una insalatiera; aggiungere solo in ultimo un pizzico di sale.

Servire immediatamente. 


Finto panino alle (vere) erbette


L'orto isolano d'autunno offre tantissimo: erbette, coste, catalogna, broccoli… La zucca no, lasciamola perdere, ma comunque c'è molto. 

Ogni volta che passo dal mio ortolano torno carica di mazzi di "roba verde" che poi, però, non si può sempre presentare bollita-e-basta!






Erbette e catalogna freschissime
olio, aglio, sale
aceto bianco
pasta brisée (farina bianca, burro, acqua, sale)
semi di sesamo
uovo
burro
latte
farina bianca
sale, pepe, noce moscata
formaggio grattugiato (Parmigiano o pecorino non troppo salato)

Per prima cosa preparare la pasta brisée (saltate a piè pari questa parte se, invece, avete deciso di utilizzare quella già pronta). Impastare 300 g circa di farina bianca con 150 g di fiocchetti di burro, un pizzico di sale e circa 75 g di acqua. Formare una palla di impasto liscio e compatto, avvolgerla in pellicola e conservarla in frigorifero per almeno un'ora. In questa quantità la pasta è sufficiente per foderare una teglia da 24 cm di diametro. 

Nel frattempo mondare le erbette e la catalogna, lavarle bene e sminuzzarle. Sbollentarle poi in acqua leggermente acidulata e salata e scolarle. Completare la cottura stufandole con un filo di olio e uno spicchio di aglio schiacciato (facoltativo, ma ci sta bene). 

Preparare una besciamella densa facendo sciogliere il burro, unendo la farina e poi il latte e facendo addensare su fuoco dolcissimo usando la massima attenzione a che non formino grumi. Unire poi sale e noce moscata grattugiata al momento (le proporzioni per la besciamella sono 100 grammi di burro per 100 grammi di farina per 1 litro di latte). 

Foderare la placca del forno con carta da forno, stendere la pasta brisée, ritagliarne dei dischi. Se sarà un piatto unico la dimensione sarà di circa 15 centimetri di diametro; se si tratta di un antipasto meglio fare dei dischi più piccoli. Spennellarli comunque di uovo leggermente sbattuto e cospargere la metà dei dischi con semi di sesamo e salare leggerissimamente. Infornare a 180° fino  a che i dischi non saranno ben dorati, quindi estrarli dal forno e tenerli da parte.  


Unire la besciamella alle verdure, versarvi anche il formaggio grattugiato e, se non volete buttarlo, ciò che avanza dell'uovo usato per spennellare la pasta. Mescolare bene, ma non a lungo. Ricoprire la metà dei dischi con il composto di verdure, chiudere con gli altri e ripassare in forno per non più di due minuti.

Servire i "panini" ben caldi, disponendo sul piatto anche le eventuali verdure avanzate dalla farcitura.

Stasera niente riso in bianco: facciamo un tortino con carote e speck


Ieri sera in casa serpeggiava voglia di riso in bianco. E se c'è qualcosa che faccio davvero fatica a mangiare (insieme alle rape…) è proprio il "riso in bianco" e, quando lo preparo, finisco col trasformare la mia razione in qualcosa di decisamente poco sano aggiungendo una assurda quantità di burro e formaggio. 

Quindi non ha stupito nessuno che cercassi di dribblarlo proponendo riso e carote, o riso e speck, o riso e… Trovato: tortino di riso!


Riso per risotti (Carnaroli)
carote
speck
mozzarella di bufala
olio, burro
aglio
sale, pepe

Cuocere il riso Carnaroli in pochissima acqua leggermente salata, che deve consumarsi completamente nell'arco dei diciotto minuti richiesti per la cottura. 


Quindi versarlo in un colino e lasciarlo tranquillamente scolare. Intanto affettare sottilmente-ma-non-troppo le carote con una mandolina e stufarle con pochissimo olio, pochissimo burro, uno spicchietto d'aglio intero e acqua quanto basta.

Affettare dello speck in modo da ottenere delle fettine ampie e regolari. Affettare anche la mozzarella di bufala, dopo averla ben scolata dal suo liquido di conservazione.
 

Foderare una pirofilina con la carta da forno (conviene bagnarla e strizzarla per farla meglio aderire), cospargere la carta di burro, quindi versarvi il riso e pressarlo bene con il dorso del cucchiaio.
 

Disporre le fettine di speck, le carote e quindi completare con le fettine di mozzarella. Infornare in forno già ben caldo per circa 8 minuti. 

Estrarre la "torta" dalla pirofilina aiutandosi con la carta da forno. Sistemarla su un piatto da portata e servire.
 

Dunque, dunque… io ho completato il tutto contornando la tortina con della verza stufata in agrodolce che avevo già preparato in precedenza e che, devo ammettere, ho utilizzato più che altro per il bell'effetto cromatico che creava. 
Se la volete fare al momento affettate sottilmente la verza rossa, lavatela molto molto bene, gettatela in una larga padella con un poco di olio e uno spicchio di aglio, quindi aggiungete acqua e lasciatela andare a fuoco molto dolce per circa venti minuti. 

Preparate un'emulsione di succo di limone e miele (meglio un miele non eccessivamente dolce, tipo quello di rododendro o di erica), versatela sulla verza e completate la cottura.

Inoltre, se desiderate che il riso formi una base più compatta (e più saporita), trattatelo quasi come un risotto: ovvero a fine cottura scolatelo molto sommariamente, rimettetelo in pentola e mantecatelo con burro e formaggio grattugiato, quindi procedete come già descritto.


Di calzine e farine. La polenta bianca e i pomodori secchi


Ieri, posso dirlo con una certa sicurezza, è stato il primo giorno d'autunno qui sull'isola. Nelle scorse due settimane qualche ora al mare in pantaloncini e canottiera ancora si poteva passare; da ieri è finita. Pioggia, nemmeno tanto vento, ma temperature in precipitosa discesa. Calze, giubbottino impermeabile e prima notte con le finestre chiuse. 

Quindi cosa c'è di meglio che scaldarsi in cucina? Polenta, è stato il mio primo pensiero! Farina di mais isolana al centopercento e poi, continuando sulla falsariga dei "matrimoni misti" della precedente ricetta, speck di Eppan (Bz) e pomodori secchi locali, pomodori freschi (gli ultimi di campo e ottimi!) del mio ortolano di fiducia e aromi del mio terrazzo.



 
Farina per polenta
speck
pomodori secchi
pomodori da sugo
passata di pomodoro
cipolla rossa
aglio
olio
alloro fresco
mirto fresco
 

Portare a bollore l'acqua con l'aggiunta di un pochino di olio e sale (io quasi nulla, ma se vi piace un sapore più deciso questo è il momento, poi non si sala più), quindi versarvi la farina a pioggia e amalgamare velocemente ed energicamente prima con una frusta e poi con un cucchiaio di legno. 

Dunque… apriamo il solito contenzioso: a chi piace più morbida, chi la vuole più compatta (la polenta). Quanta acqua in proporzione alla farina? Io faccio 250 grammi in quasi due litri, perché mi piace morbida, ma sono certa che ognuno ha la sua ricetta.

Mentre la polenta cuoce (dai 45 ai 60 minuti) preparare il sugo. Mettere aglio e cipolla tritati in un coccio con olio; far scaldare, unire i pomodori secchi, poi i pomodori freschi a pezzettoni e, dopo circa 15 minuti, la passata di pomodoro e la foglia di alloro. Lasciar cuocere molto dolcemente. 
Affettare lo speck abbastanza sottile, quindi tagliarlo a listarelle o piccoli pezzi e gettarlo in una padella antiaderente; a fuoco vivace far sciogliere un poco il grasso, quindi tostare fino al punto desiderato e tenere da parte. 
Quando polenta e sugo saranno in dirittura d'arrivo unire lo speck al sugo insieme a qualche foglia di mirto, mescolare, spegnere e far riposare qualche minuto coperto. Versare la polenta nel recipiente (o piatto) di servizio e poi unire, al centro, il sugo con lo speck. 

Servire immediatamente!

Matrimoni di ricotta: come te la sposo con le prugne


Penso da sempre che i matrimoni meglio riusciti siano quelli che uniscono mondi diversi. Anche in cucina, ovviamente: l'importante è trovare una lingua comune nella quale esprimersi tutti senza difficoltà. 

Quindi in questi giorni sto sposando estremo nord e vario sud in sughi con speck, ricotta di pecora sarda e cipolle di Tropea; oppure in piccoli dessert con prugne altoatesine, ricotta vaccina sarda e zenzero.


Ricotta fresca vaccina
prugne nere
pere
yogurt
zucchero di canna grezzo
zenzero in polvere 



Setacciare la ricotta attraverso un colino a maglie molto fitte per dare a questo piccolo dessert una consistenza più leggera; unire dello yogurt intero (circa in proporzione di uno a due) e zucchero di canna secondo i gusti, nonché dello zenzero in polvere (senza esagerare). 

Mondare la frutta lasciando però la buccia e tagliarla a dadini. Unire alla ricotta e, solo a questo punto, mescolare. Versare nelle singole coppette e decorare a piacere (io ci ho messo una fogliolina di melissa). Niente di più semplice e veloce; unico requisito: ingredienti freschissimi!

A Castelbello! Jörg Trafoier non si smentisce mai, per fortuna





"La filosofia dello chef, nonché titolare Jörg Trafoier si può riassumere in poche parole: reinterpretare di continuo la grande cucina con i migliori prodotti locali, sviluppare piatti creativi, mantenendo la purezza del sapore incontaminato delle cose".

Questo è quanto si legge sul sito (http://www.kuppelrain.com/it/restaurant.php) del Kuppelrain. Mi sento di dire che mai cosa fu più vera e i risultati più eclatanti. 




Vado in questo ristorante ogni volta che passo in Val Venosta da diciotto anni e l'ho amato… da subito! Ogni volta la cucina mi ha riservato nuove piacevoli sorprese; la competenza di Sonya come sommellier (un vino semplicemente perfetto per ogni piatto) mi ha sempre lasciato soddisfattissima; l'ambiente mi ha sempre stupito per l'eleganza e la candida semplicità dei particolari; l'accoglienza, professionale e allo stesso tempo serenamente familiare, mi ha sempre fatto sentire perfettamente a mio agio. 
Un altro dei miei ristoranti preferiti.


Consigli appassionati. A pranzo da Gian Luca Del Rio


Ecco: lo rifaccio! Appena un mese fa avevo detto che, pur non essendo mia abitudine parlare dei miei ristoranti preferiti, avrei fatto un'eccezione. 

Bene, ne sto facendo un'altra e credo che continuerò; mi son detta... e perché no? cosa me lo vieta? 

Oggi parlo di un ristorante che ha da poco compiuto dieci anni, che io frequento da due e che è la creatura di una coppia di persone vere, coraggiose e per bene, se capite cosa intendo. 

Il posto è meraviglioso, da lassù si vede un tratto di costa spettacolare; l'arredamento è curato e semplice; il cibo è rigorosamente locale e, accanto alle ricette "a s'antiga" ci sono, tanto per dirne una, le marmellate di pomodoro o di cipolle e finocchietto. 

La Rosa dei Venti, Sennariolo,
provincia di Oristano


Un esperimento... spinoso: un chutney di fichi d'india


L'altro ieri una carissima amica, giusto per passare il tempo in attesa della nave che l'avrebbe riportata "in continente", ha pensato bene di riempirsi di spine raccogliendo fichi d'india. E siccome è una vera amica, me ne ha regalati un po' appena prima di correre al porto. 

Io li ho maneggiati con estrema cura sempre avvolti in sacchetti e involucri, poi me li sono fatti sbucciare da un volontario, eppure sono riuscita a trovarmi ugualmente le dita come un puntaspilli! Pazienza! Da un po' avevo in mente di sperimentare un chutney con questi frutti e ho colto l'occasione.


Fichi d'india maturi
cipolle rosse, meglio se di Tropea
zucchero grezzo di canna
aceto di vino rosso
zenzero in polvere
peperoncino in polvere

Pulire accuratamente i fichi d'india, quindi passare la polpa attraverso un setaccio (se qualche semino sfugge non importa!). Pesare la polpa ricavata, quindi mondare altrettante cipolle rosse e tagliarle sottilissime.

Riunire in una casseruola dal fondo spesso. Unire un cucchiaino di zenzero in polvere e mezzo di peperoncino in polvere. 

Quindi unire metà del peso della frutta di zucchero di canna e altrettanto aceto rosso. Mescolare e lasciar macerare un paio d'ore a recipiente coperto. 

Quindi mettere al fuoco dapprima vivace, poi moderatissimo e cuocere circa un'ora. 

La salsa (se volete potete anche passarla con il frullatore a immersione) si può consumare appena si raffredda, oppure va conservata in barattolini lavati con acqua bollente, chiusi immediatamente e fatti raffreddare a testa in giù per creare il sottovuoto.


La ricciola (alternativa) alle melanzane


Tonno abbiamo detto che non si può mangiare, quindi la mia pescivendola di fiducia mi ha proposto degli splendidi tranci di ricciola. Rossi e carnosi. Una meraviglia.




Tranci di ricciola
pomodori freschi maturi
pomodori secchi
melanzane
cipolla rossa
aglio
olio
sale, pepe, peperoncino

finocchietto secco

Affettare sottilmente le melanzane e grigliarle sulla piastra. Tenerle da parte. Preparare un sughetto ristretto con i pomodori freschi e secchi, cipolla e aglio secondo il proprio gusto. 


Sulla stessa piastra dove si sono cotte le melanzane cuocere solo parzialmente anche i tranci di ricciola, rigirandoli più volte molto delicatamente per non romperli. 

A quel punto trasferirli nella padella del sugo adagiandoli "in superficie", dove termineranno la cottura. 

Spolverizzare con finocchietto secco. Disporre i tranci nei singoli piatti, quindi unire le melanzane al sugo e mescolare. Ricoprire i tranci di sughetto e servire.

Appena sotto il centro. Ovvero pranzare da Roberto Petza (con tutto il suo staff)


Raramente ho dato consigli su ristoranti e affini dalle pagine di questo blog. 
Beh, non lo sta facendo nemmeno ora; infatti S'apposentu non è semplicemente "un ristorante". 



La gita a Siddi, un paese di settecentocinquanta anime appena sotto il centro dell'isola (tanto per dare un'indicazione di massima) mentre imperversava una temperatura di 40 gradi, è stata praticamente un'esperienza mistica. 



La visita a questa bellissima casa di paese, piena di opere d'arte, dove l'unica decorazione sui tavoli è costituita da semplici sassolini e tutto ciò che si mangia è curato fin nei minimi particolari, è stata invece illuminante. 

Sappiate che si può fare il gelato di gamberi e che il brodo di gallina sposa perfettamente con il polpo; che il pane fatto in casa con i semi di papavero si trova anche qui e non solo in Alto Adige e che la ricciola affumicata in casa è qualcosa di fantastico…
Ah, si organizzano anche laboratori per bambini e corsi di cucina. 

Pennette al quasi-pesto



Sole caldo, caldo, caldissimo… 


Quindi si cucina molto poco e si prediligono insalate miste e mozzarelle (buonissime quelle che si producono qui sull’isola!) oppure… cose cucinate da altri. Ma ogni tanto la voglia di pasta prende il sopravvento e allora con basilico fresco, aglio e pecorino e un piccolo tocco a effetto si imbastiscono queste pennette al quasi-pesto.

Pasta corta
basilico fresco
aglio
formaggio pecorino
semi di sesamo
olio
sale, pepe



Pulire uno o più spicchi d’aglio e passarli con lo spremiaglio; mondare il basilico, tritarlo grossolanamente e riunire il tutto in una ciotolina; irrorare con abbondante olio, unire un pizzico di sale e uno di pepe bianco. Lasciar riposare. Tostare un grosso pizzico di semi di sesamo in una padellina antiaderente senza aggiungere grassi, quindi unire anche quelli alla salsina. Lessare la pasta al dente, scolarla e gettarla in  padella, unire la salsina e abbondante pecorino grattugiato, mantecare e servire. Et voilà!

Patate e zucchine... in un'altra forma, con guanciale e pecorino


Allora…, il primo contest di cucina dell'Orata Spensierata ha chiuso i battenti. 

Domenica sarà proclamato il vincitore tra i coraggiosi che hanno deciso di partecipare (grazie, grazie!). Quindi, dopo una pausa dovuta alla necessità di lasciare spazio agli amici, riprendo a pubblicare ricette. 

Qui è estate oramai, abbiamo dato il via alla stagione balneare e a quella delle scottature (ehm, ehm…); il terrazzo pullula di fiori e ronza di apine e bombi; le erbe aromatiche producono foglie a non finire, i semi di girasole presi nell'orto di mia sorella (qui, se volete dare un'occhiata) hanno fatto il loro dovere e le piantine crescono (letteralmente, giuro!) a vista d'occhio. 

Io, dal canto mio, devo lavorare a una serie di progetti che, guarda caso, hanno preso il via tutti insieme, quindi cucino come sempre, ma cerco di preparare cose veloci. Questa ricetta lo è. Veloce, intendo. Malgrado le apparenze.


Patate (non novelle) di medie dimensioni
zucchina
cipolla bianca
guanciale
formaggio pecorino
sale, pepe bianco
olio, aceto
timo fresco

Sbucciare le patate, tagliarle a metà, scavarle per ottenere delle scodelline. Gettarle in acqua già sobbollente leggermente acidulata e salata e cuocerle al dente (circa 10 minuti). 

Ridurre un pezzetto di guanciale a dadini.

Mondare una zucchina verde e una cipollina e tritare il tutto, con il tritatutto elettrico, ma senza insistere troppo, insieme alle parti di patata risultate dopo aver ricavato le scodelline . 

Grattugiare un po' di formaggio pecorino; io ho utilizzato un ottimo pecorino aromatizzato allo zafferano che ho trovato nella nuova bottega di Campagna Amica che hanno aperto qui in città, ma andrà bene anche qualsiasi altro buon pecorino, o anche del Parmigiano.

In una pentola bassa che possa andare anche in forno rosolare i dadini di guanciale aggiungendo meno di un cucchiaino di olio, quindi unire le verdure tritate e far cuocere velocemente (aggiungendo un mestolino di acqua bollente solo se occorre), su fuoco dolcissimo. 

Scolare le patate e riempirle con il composto di verdure. Ricoprire il fondo (se necessario, passarlo con un foglio di carta da cucina per asciugarlo) della pentola con un foglio di carta da forno bagnato e strizzato, adagiarvi le patate ripiene, cospargere il tutto con il formaggio grattugiato  e con foglioline di timo fresco.

Infornare per un massimo di dieci/dodici minuti a 180° in forno già caldo cambiando per tre volte posizione alla pentola (mezzo - basso - alto). Sfornare, disporre sui piatti e servire. Totale: 30 minuti dall'idea alla tavola.

Primo concorso di ricette dell'Orata Spensierata. Pronti… via!


L'Orata Spensierata, come anticipato nei giorni scorsi, 
bandisce un concorso di ricette. 

Il tema è: "primi piatti di mare". 

 
Sono ammesse ricette con qualsiasi ingrediente "marino" abbinato a paste di ogni formato e origine, oppure in zuppetta; vanno bene le ricette di famiglia, quelle tradizionali, o innovative e quelle a… libera interpretazione. L'importante è che siano piatti cucinati da voi! 

Dunque, per partecipare basta iscriversi alla "pagina fan" dell'Orata Spensierata su FaceBook (https://www.facebook.com/pages/Lorata-spensierata/164337883592911), postare lì la ricetta specificando tutti gli ingredienti utilizzati corredandola con una fotografia (la migliore che riuscite a fare, ma non c'è bisogno di nulla di … artistico!). 

Quella che avrà ricevuto il maggior numero di "mi piace" (il primo lo metterà l'Orata, promesso) avrà vinto un libro: "Aglio, menta e basilico. Marsiglia, il noir e il Mediterraneo" di Jean-Claude Izzo, edizioni e/o. 

La circolazione dell'iniziativa è libera; come ottenete i "mi pace" io non voglio saperlo (promettete pure baci, cene, regali… fate voi), quindi condividete, mandate messaggi e inviti; fate iscrivere i vostri amici alla pagina fan dell'Orata per votarvi. 

Unica, imprescindibile regola (pena la cancellazione del post con la ricetta!) è che NON sono ammessi commenti sotto i post, ma solo e rigorosamente i "mi piace". 

Il concorso inizia venerdì 25 maggio 2012. Tempo per postare le ricette fino al 1 giugno 2012. Tempo per raccogliere la copiosa messe dei "mi piace" fino al 9 giugno 2012. Tempo per ricevere il regalo… beh, appena ci mettiamo d'accordo (ma direi di certo entro giugno 2012).


Stanchi di questa strana primavera, ovvero come ti cucino lo stufato di pecora


Ma questa sarebbe primavera? Stessa temperatura di febbraio, maglioni già lavati/riposti/antitarmati di nuovo in uso e sciarpona ben legata intorno al collo per non farsela strappare dal vento. 
Oggi è proprio così! Quindi niente di meglio che un bello stufato… Di pecora.


Carne di pecora, possibilmente polpa
pomodori freschi
passata di pomodoro
brodo vegetale
pomodori secchi
sedano
patate
cipolla rossa e bianca
aglio
olio
succo di limone
peperoncino, sale, pepe nero
alloro e rosmarino
erbe fresche (salvia, timo, erba cipollina, prezzemolo, maggiorana)

Pulire accuratamente la carne di pecora da pellicine e quasi tutto il grasso, quindi tagliarla a pezzi piuttosto piccoli e regolari. Riscaldare il brodo vegetale; ma anche della semplice acqua andrà bene. 

Schiacciare e tritare un paio di spicchi di aglio. Pulire e tagliare a pezzi i pomodori freschi. Tritare grossolanamente i pomodori secchi (un paio basteranno). 

Mondare e tagliare a pezzi regolari anche le patate, conservandole in acqua fredda. Tagliare il più possibile sottili le cipolle e il sedano. 

Tritare le erbe con un coltello pesante tenendo intere un paio di foglie di alloro e un rametto fresco di rosmarino. Spremere almeno mezzo limone e filtrarne il succo. In una pentola pesante, adatta a cucinare stufati, scaldare poco olio, unire l'aglio, la cipolla e il sedano e far scaldare. 

Unire un rametto di rosmarino e un paio di foglie di alloro, i pomodori secchi e, poco dopo, la carne di pecora. Rosolare bene, quindi bagnare con il succo di limone. 

Unire i pomodori freschi e la passata, mescolare per qualche minuto. Poi unire un po' di brodo (o acqua) e lasciar cuocere molto dolcemente sul fornello più piccolo, bagnando eventualmente con altro brodo. 

Dopo poco più di un'ora unire le patate e lasciar cuocere per altri venti minuti. Unire il trito di erbe fresche, il peperoncino e aggiustare di sale e pepe. 

Lasciar riposare lo stufato per cinque minuti, quindi servire.


Risottino di pasquetta alle erbe selvatiche


Ha fatto brutto tempo e anche freddo, inutile negarlo. Gli ottimisti che son venuti in vacanza per la Pasqua sull'isola e si sono portati il costume da bagno, beh… hanno fatto male i conti con una primavera che più capricciosa e imprevedibile non può essere. 

Un sabato variabile, una domenica piovosa, un lunedì ventoso. Ma che colori, che profusione di fiori, che splendore di campi bagnati e di pecorelle beate in mezzo all'erba fresca (mah, forse le pecorelle, private dei loro agnelli, tanto beate non erano, ma so troppo poco della psicologia ovina per azzardare un'analisi). 

Nei momenti di sole la mia macchina fotografica ha fatto un gran lavoro e, devo dire, ne valeva la pena! Lunedì, dopo un trekking di varie ore passate a scavalcar muretti; guadare rigagnoli; spostare mucche testarde; sfuggire a fili spinati e cercare di convincere cani bianchi che non eravamo abigei ma semplici escursionisti, son tornata a casa affamatissima e carica di erbette. 

Aglio selvatico, finocchietto e cardi. Un ottimo bottino che ho cercato di mettere a frutto immediatamente. Le erbe le ho mischiate a quelle che con tanta abnegazione coltivo sul terrazzino, i cardi li ho destinati a delle conserve che spero di illustrare presto.


Riso tipo Carnaroli
brodo vegetale
cipolla bianca dolce
guanciale
zucchina
olio, burro
sale, pepe bianco
finocchietto, aglio orsino, melissa, menta, maggiorana, salvia
birra bianca (weissbier)
formaggio pecorino (o vaccino) stagionato da grattugiare

Scaldare il brodo vegetale. Tritare la cipolla bianca con la mezzaluna. Affettare e ridurre a minuscoli dadini un pezzetto di guanciale (il mio era proprio "fatto in casa", ma di certo se ne trovano di buoni dai buoni salumieri). Mondare la zucchina e grattugiarla con la parte della grattugia a denti larghi. Sminuzzare il misto di erbe selvatiche e coltivate.
 
In una pentola adatta ai risotti far sciogliere poco burro misto a poco olio; unire i dadini di guanciale e e la cipolla, mescolando finché non siano trasparenti sia la cipolla sia il grasso del guanciale. Gettare il riso, mescolare. Aggiungere la zucchina, mescolare ancora, quindi bagnare con un po' di birra bianca. 

Far evaporare e poi, lentamente, unire il brodo vegetale ben caldo e continuare la cottura del risotto. 

A tre quarti del tempo unire il trito di erbe aromatiche e terminare la cottura. Togliere il risotto dal fuoco, unire una piccola noce di burro, un altro poco di birra e il formaggio grattugiato. 

Incoperchiare e lasciar riposare un (uno!) minuto. Mescolare energicamente e servire subito. Il risultato deve essere un piatto molto cremoso, di un bel colore bianco/verde. 

Abbinamento: la weissbier avanzata, che è il tipo di birra che preferisco (non me ne vogliano i miei co-isolani…)

Marmellata piccante di limoni e carote


Mi hanno regalato dei bellissimi limoni provenienti da una campagna poco lontano. Dopo l'esperimento (riuscito, pare) di abbinarli al rosmarino, quest'anno ho deciso di spingermi oltre lasciandomi guidare dalla fantasia e dall'accostamento di colori.
 
1 kg di limoni freschi non trattati (al netto degli scarti)
500 g di carote di orto (al netto degli scarti)
1 kg di zucchero di canna
50 g di aceto di vino bianco
1 pizzicone di sale grosso
peperoncino, curcuma e zenzero in polvere (1 cucchiaino da caffè non colmo per ciascuno)
pepe bianco macinato (1/2 cucchiaino da caffè)


Lavare accuratamente i limoni sfregandoli anche con uno spazzolino rigido. Togliere la parte gialla della buccia con un pelapatate e conservarla, quindi spellare i frutti al vivo, eliminare il più possibile i filamenti bianchi, le pellicine e i semini recuperando però tutto il succo. Pesarli.

Pulire le carote e tagliarle in piccoli pezzi e pesarle.  

Raccogliere limoni, succo e carote in una pentola dal fondo spesso; unire tutti gli altri ingredienti. Mescolare e lasciar insaporire.

Tritare finemente con la mezzaluna (non con il tritatutto elettrico!) le bucce di limone e unire anche quelle. Accendere il fuoco e cuocere circa 30 minuti a fuoco dolce. A questo punto allontanare la pentola dal fuoco e passare il composto con un frullino a immersione. 

Rimettere sul fuoco mentre si provvede a sterilizzare barattoli e coperchi. Versare il composto ancora sobbollente nei barattoli, chiuderli saldamente e lasciarli raffreddare a testa in giù.

Dopo un paio di prove posso dire che questa "marmellata" va d'accordissimo con il formaggio vaccino di media stagionatura, pastoso e con sapore di fieno; ma seguiranno presto esperimenti con la carne di maiale e il pesce arrosto.

Straccetti di grano saraceno con carciofi e prosciutto


Se la primavera in generale mi mette voglia di cucinare, il fatto che il tempo cambi continuamente e quindi capitino anche delle giornate freddine, mi invoglia a chiudermi in cucina e fare esperimenti anche un po' elaborati. 

Ieri mattina mi frullava in testa l'idea di utilizzare la farina di grano saraceno per "fare qualcosa", ma non riuscivo a decidere… 
Una torta? Sì, magari con anche i semi di papavero… E poi no, avevo voglia di salato e allora ho cambiato decisamente rotta, anche perché avevo dei bei carciofi a disposizione (Carciofo Spinoso di Sardegna Dop, ovviamente)

Farina di grano saraceno e farina 00 in parti uguali
1 uovo per ogni 100 grammi di farina complessivi
olio
sale
carciofi
aglio, sale, pepe, peperoncino,
prezzemolo, fiori di finocchietto secco
prosciutto crudo in fette



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Mondare i carciofi, affettarli sottilmente, quindi gettarli in acqua acidulata per evitare che anneriscano.

Unire le due farine con le uova, un poco di olio e un pizzico di sale e formare la pasta che, per la presenza della farina di grano saraceno, sarà ruvida e grezza. 

Dividerla in più parti e lavorarla come si dovessero fare gli gnocchi di patate, ovvero formando prima dei lunghi spaghettoni da tagliare poi in piccoli pezzi. 

Ogni pezzo andrà "stirato" col pollice, aiutandosi con l'attrezzino rigato di legno che si usa per gli gnocchi.

Disporre la pasta su una superficie infarinata e lasciarla riposare.

Intanto stufare i carciofi con uno spicchio d'aglio tritato a coltello e un poco di olio. 

A cottura quasi ultimata unire sale, pepe, pochissimo peperoncino e finocchietto secco sbriciolato, quindi lasciar riposare.

Tagliare il prosciutto a striscioline sottili e farle tostare in una padellina antiaderente (senza aggiungere alcun condimento) fino  a che non saranno ben croccanti.

Lessare normalmente la pasta (pochi minuti, ma assaggiatela) in acqua con un cucchiaio di olio e sale; nel frattempo riscaldare i carciofi.

Disporre i carciofi sul fondo del piatto, versarvi sopra la pasta appena scolata e terminare il piatto con il prosciutto tostato. Servire immediatamente.

Se abbonderete con i carciofi sarà un ottimo piatto unico.