Ravioli integrali di patate, pere, pecorino

 
Ho proprio voluto sperimentare. Impasto e ripieno: tutto nuovo per me. L’abbinamento, invece, è collaudatissimo: formaggio, pere e noci. È vero che la preparazione di questi ravioli è un po’ lunga e che dovrete sporcare un po’ la cucina, ma ne vale la pena.



Per 24 o 28 ravioli (a seconda della dimensione):

100 g di semola di grano duro Cappelli integrale
100 g di farina di grano khorasan (commercialmente Kamut)
1 uovo
olio
sale acqua tiepida

2 patate rosse di Gavoi (dimensione media)
½ pera abate
8 noci + 2
pecorino
sale
pepe
burro
maggiorana

burro salato
pane secco
pecorino


Setacciare insieme semola e farina e formare la fontana sulla spianatoia. Battere l’uovo con un po’ di olio, un pizzico di sale e un po’ di acqua tiepida e unirlo alla farina. Mescolare dapprima con una forchetta, poi usare le mani e, se occorre, aggiungere pian piano un altro po’ d’acqua. Quando la pasta avrà assunto la consistenza giusta (non prima di dieci minuti di lavorazione), avvolgerla in pellicola per alimenti e farla riposare per almeno 30 minuti.

Nel frattempo lessare la patate con la buccia ben lavata.

Sbucciare la pera, tagliarla a dadini piccolissimi e cuocerla in padella con pochissimo burro e pochissimo sale. Si deve asciugare, ma non colorire, quindi conviene tenere il fuoco bassissimo e usare anche una retina spargifiamma.

Rompere le noci, tritare i gherigli di 8 di esse e tenere interi quelli delle altre 2, da utilizzare come decorazione.

Tritare la maggiorana.

Grattugiare il pecorino, che dev’essere del tipo “maturo”, ma non eccessivamente stagionato.

Quando le patate sono cotte sbucciarle e lasciarle raffreddare tagliate a pezzi. Quando la pera è pronta lasciarla raffreddare. 

Riunire nel bicchiere del mixer le patate, la pera, le noci, la maggiorana e avviarlo a scatti per ottenere una crema, cui andrà unito il formaggio e un po’ di pepe bianco macinato al momento.

Riprendere la pasta, dividerla in almeno quattro parti e cominciare a lavorarla un pezzo per volta. Tirare la sfoglia con la macchinetta tirasfoglia a manovella. Bisogna tenere presente che la pasta fatta con semola integrale è un po’ “dura” e quindi sarà necessario mettere una certa forza nel girare quella manovella! Inoltre, poiché la pasta semi-integrale come questa tende ad asciugare e rompersi più facilmente di quella non-integrale, è meglio tenerla un po’ più spessa di quanto normalmente non si faccia per i ravioli. La mia macchinetta ha 8 tacche (0 = pasta spessa; 8 = pasta sottilissima) e io ho ritenuto che fosse pronta dopo il passaggio alla tacca 5. 


Distribuire il ripieno in mucchietti ben distanziati su una striscia di pasta; sovrapporre una seconda striscia e ritagliare i ravioli con la rotellina di ottone. Lavorare gli scarti con il pezzo di pasta seguente e terminare via via pasta e ripieno.
Stendere i ravioli su un piano infarinato (meglio se di legno).

Mentre bolle l’acqua per i ravioli, grattugiare un altro po’ di pecorino e passare velocemente al mixer alcuni pezzi di buon pane secco: si devono ottenere almeno 4 cucchiai di briciole irregolari, che vanno fatte subito “tostare” nel burro salato spumeggiante. 

Cuocere i ravioli (ci vorranno più o meno 6 minuti – meglio assaggiare, però - ), scolarli delicatamente sistemandoli direttamente nei piatti. Cospargere con le briciole burrose, un poco di formaggio grattugiato e decorare con mezzo gheriglio di noce.



Polenta e formaggio: come... riquadrare una tradizione



Parlare di polenta con il formaggio è come scoprire l’acqua calda. Ma anche l’acqua ha le sue sfumature, quindi ecco la polenta con il formaggio di un giorno di marzo freddo e ventoso.

Per quattro:
250 g di farina di mais fioretto
1 l di brodo vegetale
200 g di latte intero
sale
+
taleggio
yogurt
peretta* molto stagionata
latte
burro
aglio
timo
maggiorana



Non è strettamente necessario utilizzare il brodo vegetale misto al latte per fare una buona polenta. Anzi, tutti sanno che la ricetta “tradizionale” prevede acqua pura e basta. Ma, se proprio vogliamo fare i pignoli, la tradizione prevede anche che la polenta sia cucinata in un paiolo di rame sospeso sul fuoco di un camino. Condizione non sempre riproducibile in una moderna cucina... 

Lasciamoci quindi la libertà di interpretare la tradizione: la farina di mais deve cuocere in un liquido abbondante leggermente salato e va mescolata spesso per tutto il tempo necessario (che va dall’una alle due ore a seconda della quantità di farina impiegata e del grado di compattezza della polenta che si vuol ottenere). 

Allora cominciamo. In una pentola dal fondo spesso, possibilmente con due manici in modo da poterla tenere saldamente, portare fino al limite del bollore il brodo vegetale mescolato al latte e leggermente salato. Con una frusta formare un gorgo nel liquido, gettarvi la farina di mais e mescolare energicamente con la frusta per alcuni minuti, in modo da essere sicuri che non si formino grumi. 

Cuocere la polenta a fuoco molto dolce, mescolando spesso con un cucchiaio di legno e mantenendo la pentola semicoperta. Per la quantità di farina indicata ci vorrà circa un’ora. Preparare un foglio di cartaforno sul piano della cucina, versarvi la polenta direttamente dalla pentola, livellarla con una spatola bagnata con acqua fredda allo spessore regolare di circa 1 cm. Lasciarla raffreddare. 

Grattugiare lo spicchio d’aglio. Grattugiare la peretta stagionata, fare a pezzetti il taleggio, mondare le erbe aromatiche. Utilizzate i formaggi in quantità a piacere. 

Tagliare la polenta – che si sarà raffreddata e solidificata - in quadrati regolari e scaldarli, lasciandoli anche abbrustolire leggermente, su una piastra bollente. 

In un pentolino unire l’aglio, aggiungere una piccola noce di burro, alcuni cucchiai di latte, il taleggio e cominciare a far sciogliere il formaggio molto dolcemente. Unire le foglioline di timo intere e quelle di maggiorana spezzettate, quindi la peretta grattugiata fine. Quando tutto sarà ben sciolto e amalgamato, unire anche lo yogurt e mescolare. 

Allestire i piatti: versare un cucchiaino di crema di formaggio sul fondo, sistemare un quadrato di polenta, quindi proseguire alternando polenta e formaggio per almeno quattro strati. Terminare con il formaggio. Portare immediatamente a tavola. 


* La peretta è formaggio sardo (della famiglia del caciocavallo e delle provole) che per tradizione veniva prodotto in casa dalle donne, contrariamente agli altri formaggi, che erano competenza dei pastori e che venivano fatti in stalla, nelle pinnette o comunque “in campagna”. Ancor oggi ci sono signore non più giovanissime che si dedicano a questa produzione domestica, arrotondando a volte il bilancio familiare con un piccolo commercio tra amici e conoscenti. Per maggiori informazioni, qui trovate la scheda redatta da Sardegna Agricoltura 

 

Minestra di coste



Una minestra di una semplicità disarmante, ma capace di scaldare questo ultimo scampolo di inverno. Ci vuol meno di mezz’ora per prepararla e, con l’aggiunta di un paio di fette di pane abbrustolito, diventa un piatto unico. Non si può chiedere di meglio.

Per due persone:
un mazzo di bietole da costa
1 carota
1 costa di sedano
1 grosso spicchio d’aglio
alcune guaine di cipolla
5 cucchiai di passata di pomodoro casalinga
olio
sale
pepe
peperoncino
pane a fette





Mondare e lavare bene le coste, quindi sminuzzarle. Mondare sedano, carota e cipolla.

Strofinare vigorosamente il pane con lo spicchio d’aglio intero, sia sui lati che sullo spessore delle fette, poi tenerlo da parte. Tritare finemente sedano, carota e cipolla insieme all’aglio. 

In una pentola per minestra scaldare un po’ di olio, unire il trito di verdure, la passata di pomodoro e circa 1 litro di acqua. Quando bolle unire le coste e cuocere per circa 10 minuti a pentola coperta. 

Nel frattempo emulsionare in una ciotolina un po’ di olio e di acqua con una forchetta, quindi spennellare con questa soluzione le fette di pane; adagiarle su una piastra già calda e far abbrustolire (se preferite potete mettere il pane nel forno, adagiato su un foglio di alluminio). 

Togliere il coperchio alla pentola della minestra, regolare di sale, pepe e peperoncino e proseguire la cottura per altri dieci minuti. 

Versare la minestra nelle ciotole di servizio, completando con un paio di fette di pane. Servire immediatamente. 



Marmellata di limoni e mirto



Mi hanno regalato svariati chili di ottimi limoni. Colti dall’albero davanti ai miei occhi, in uno splendido orto-giardino dove non si fa uso di alcuna sostanza chimica. E, per sovrappiù, anche qualche ramo di mirto carico di profumatissime bacche mature! Dopo che insieme, mirto e limoni, sono stati il nostro centrotavola per una settimana, ho deciso di trasformarli in marmellata. Non l’avevo mai fatta in questo modo. Il risultato è una marmellata decisamente poco dolce, di un colore rosato davvero bello, adatta ad accompagnare formaggi piuttosto robusti (assolutamente sconsigliata con il caffelatte della mattina).

2 kg di polpa di limoni pulita
800 g di zucchero di canna
scorza (solo la parte gialla) di tutti i limoni utilizzati
40 bacche di mirto fresche



Lavare molto bene i limoni con acqua tiepida, strofinandoli con uno spazzolino. Con un pelapatate ben affilato togliere tutta la scorza gialla e tenerla da parte. Quindi rimuovere con un coltellino affilato tutta la parte bianca (albedo) della buccia, aprire i frutti ed eliminare il più possibile le pellicine e i semini (se ve ne sfugge qualcuno non è grave: in cottura vengono a galla e si possono recuperare). 

Quando se ne avrà la quantità desiderata, versare i limoni nella pentolona per le marmellate (alta, grande e con il fondo spesso) e aggiungere lo zucchero in proporzione. Cominciare la cottura mescolando di tanto in tanto. 

Nel frattempo tritare le scorze con una mezzaluna aggiungendo anche le bacche di mirto. Dopo circa mezz’ora unire il trito alla marmellata e continuare la cottura per un’altra mezz’ora mescolando spesso.

Sterilizzare i vasetti, riempirli con la marmellata bollente, lasciar raffreddare a testa in giù.