Pane zichi di primavera con piselli e Casizolu



Il pane zichi è uno dei tantissimi pani sardi. Si tratta di un “pane giornaliero”, ovvero di uso quotidiano, non legato a nessuna ricorrenza o cerimonia in particolare. Un tempo era preparato durante sa cotta ‘è chida, ovvero l’infornata settimanale, che si faceva in comunità utilizzando un unico grande forno, e si impastava e cuoceva prevalentemente in estate, poiché la lievitazione era lenta e delicata e le temperature invernali potevano comprometterla.

Diffuso in particolare nelle regioni storiche del Marghine, Logudoro, Planargia e nei pressi di Ghilarza (territori oggi compresi tra la provincia di Sassari e quella di Oristano), il pane zichi prende nomi leggermente diversi e si presenta più o meno grande a seconda dei paesi. La forma però è sempre rotonda e piatta, l’aspetto liscio, il colore chiaro e il peso notevole (un pane di 30 centimetri di diametro può pesare anche 300 grammi).

Il pane zichi si può dividere in due sfoglie, di spessore leggermente diverso e si mangia fresco con le pietanze, farcito, e, una volta seccato, come aggiunta nelle minestre e come una sorta di pasta. Gian Luca Del Rio, cuoco e grande indagatore delle tradizioni gastronomiche delle zone della Planargia e del Montiferru, utilizza il pane zichi di Sindia (Oristano) nella cucina del suo ristorante, La Rosa dei Venti di Sennariolo (Oristano). Lo taglia a strisce molto sottili quando è ancora fresco; lo stende in grandi cesti di asfodelo e lo lascia seccare all’aria (rigorosamente! bandito il forno!); quindi lo cucina come fosse pasta, cuocendolo in acqua o nel brodo e condendolo con un semplice sugo di pomodoro e formaggio pecorino.

É stato proprio Gian Luca a regalarmi qualche forma di pane zichi di Sindia e io ho voluto trasformarlo in una specie di... pizza carica di verdure primaverili. Dissacrazione delle tradizioni? Ma no, piuttosto una dimostrazione della versatilità del pane zichi.

Tra gli ingredienti anche il Casizolu, formaggio vaccino proveniente sempre dalla medesima zona. Per maggiori informazioni (in attesa di un mio articolo/intervista con un produttore di Paulilatino, che sarà pubblicato nei prossimi mesi) date un’occhiata alla pagina Slow Food dedicata.



Per due persone:

1 pane zichi di Sindia (circa 25 centimetri di diametro)
4 cipolle bianche piccole (quelle che vengono chiamate anche cipolle di maggio)
3 manciate di piselli freschi sgusciati
1 manciata di fave fresche sgusciate
10 piattoni
6 cucchiai di olio extravergine di oliva
1 noce di burro
1 cucchiaino di zucchero di canna
1 cucchiaio di aceto di mele
Casizolu del Montiferru secondo il proprio gusto
ricotta fresca di pecora secondo il proprio gusto
sale

Mondare le cipolle e tagliarle in 6 parti ciascuna. Scaldare in una padella, grande e dotata di coperchio, 2 cucchiai di olio con una noce di burro. Gettarvi le cipolle e farle leggermente scaldare. Bagnarle con l’aceto di mele, aggiungere lo zucchero, un pizzico di sale, mezzo bicchiere di acqua e lasciarle stufare molto lentamente.

Nel frattempo, in un’altra padella, scaldare 2 cucchiai di olio e aggiungere i piselli, le fave e i piattoni mondati e tagliati a pezzi regolari. Aggiungere un pochino di acqua e far stufare lentamente.



Intanto accendere il forno portandolo a 190° in modalità ventilato e rivestire la griglia con carta da forno.

Tagliare il Casizolu a dadini e mescolare la ricotta in modo che sia più cremosa; preparare alcune piccole quenelle utilizzando due cucchiaini da tè.



Dividere il pane zichi in due sfoglie, stenderle sulla carta forno, spruzzarle leggerissimamente di acqua, quindi sistemare su ognuna la metà delle cipolle – che nel frattempo saranno diventate tenere, ma non sfatte – e i legumi misti. 
Cospargere di dadini di Casizolu, aggiungere le piccole quenelle di ricotta in modo omogeneo e, infine aggiungere circa un cucchiaio d’olio distribuendolo uniformemente.

Infornare le due “pizze” e lasciarle nel forno giusto il tempo che il Casizolu si sciolga. Servire fumante.





Risotto con bottarga, fave e limone


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Non sono una grande esperta di risotti, ma, se il riso è buono, mi piace sperimentare. E quello che ho usato in questa ricetta lo è di certo. La stagione è propizia alle fave; non più le favette fresche, piccole e da mangiare crude di un mesetto fa, ma baccelli grandi e fave molto saporite, molto polpose, con una certa personalità, diciamo. Io non ho problemi con la buccia; anzi mi piace, quindi non la elimino ma, se a voi dà fastidio, la potete togliere dopo averle sbollentate, prima di unirle al riso.



La bottarga è di muggine; prodotto di Cabras (Oristano) molto pregiato e saporito, ma non invadente. Ovvero si sposa bene con le fave. Anche il sedano fa sentire il suo aroma, che ben si accorda con quello della bottarga. Niente formaggio, ma un pochino di mascarpone fresco per mantecare. Il tocco finale? Un pochino di scorza di limone grattugiata e una spolverata di briciole di pane integrale tostate in padella.





Per due persone:



120 g di riso per risotti (io Carnarolis di RisOristano)

1 l di brodo vegetale

fave fresche a piacere

1 cucchiaio da minestra di bottarga di muggine appena grattugiata

2 cipollotti teneri

1/2 costa di sedano

1 limone – la scorza

2 noci di burro

1 cucchiaio di olio extravergine di oliva

1 cucchiaio di briciole di pane integrale secco

1 cucchiaino da tè di mascarpone

sale





Tritare i cipollotti mondati e il sedano con il coltello pesante, lasciar appassire il tutto in una casseruola con il fondo spesso con 1 cucchiaio d’olio e una noce di burro. Coprire la casseruola con il coperchio e lasciar riposare.



Sbollentare le fave in acqua leggermente salata. Scolarle e tenerle da parte. Se preferite sbucciarle questo è il momento: io invece le amo così, intere, con buccia e “da masticare”.



Scaldare il brodo vegetale. Se non lo avete già pronto, partite con un po’ di anticipo e fatelo con circa 1 litro e mezzo di acqua, sedano, carota, cipolla e un pezzetto di finocchio se ne avete, pochissimo sale.



Riaccendere il fuoco sotto la casseruola: quando le verdure cominceranno a sfrigolare, gettare il riso e tostarlo a fuoco vivace, bagnarlo con un mestolo di brodo, farlo assorbire, poi abbassare il fuoco e aggiungere le fave e altro brodo. Portare avanti la cottura del riso (circa 15 minuti) aggiungendo via via brodo bollente a piccoli mestoli.



Nel frattempo far tostare brevemente le briciole di pane (ottenute a mano, con pestello e mortaio, non con il mixer), senza aggiungere grassi, in una padellina antiaderente che bisognerà tenere sempre in movimento per evitare che brucino.



Allontanare dal fuoco la casseruola con il risotto; aggiungere il mascarpone, una piccola noce di burro e la bottarga. Mantecare.





Versare il risotto nei piatti e completare con scorza di limone grattugiata al momento e una spolverata di briciole tostate di pane integrale. Servire immediatamente.










Piccolo dessert di cioccolato e carote



Poche mandorle; un pezzetto di ottimo cioccolato; una confezione di panna fresca in scadenza, aperta il giorno prima per un’altra preparazione. Tre elementi perfetti per finire in un dolce, mi pare chiaro. Torta? Poche mandorle. Budino? Poco cioccolato. Mousse? Poca panna. Cercando ispirazione ho addentato una carota appena comperata da quella simpatica signora che monta ogni giorno la sua bancarella di ortaggi freschissimi in piazza Tola. Ecco l’ispirazione: le carote!

La base del dolce segue il procedimento della più semplice crema pasticciera, ma si utilizza lo zucchero di canna invece di quello bianco e la semola invece della farina. Piccola aggiunta: le mandorle e la panna per rendere la crema più compatta. Il tocco in più è rendere bicolore questo piccolo dolce al cucchiaio dividendo la crema in due parti: una al cioccolato, una alla carota. Servire rigorosamente in contenitori di vetro, in modo da apprezzare il contrasto di colore.



Per 4 persone:

150 ml di latte fresco intero
100 ml di panna fresca
100 g di zucchero di canna + 1 cucchiaino
4 tuorli medi
50 g di semola rimacinata finissima
50 g di mandorle sgusciate e sbucciate

10 g di carote tenere e fresche
50 g di cioccolato al 70% di cacao
1 cucchiaio di latte

Meglio acquistare - o raccogliere in campagna! - mandorle intere; quindi vanno sgusciate e poi sbucciate. Per sbucciarle con facilità basta immergerle per non più di due minuti in acqua bollente, quindi raccoglierle in uno strofinaccio e strofinarle. Et voilà! Per ridurle in farina basta poi tritarle, appena sono ben fredde e ben asciutte, nel mixer o in un macinino elettrico con un cucchiaino di zucchero per evitare che diventino velocemente una pasta. 

Mondare le carote. Con un pelapatate, ricavare alcune striscioline di carota molto sottili e lunghe da utilizzare per la decorazione e tenerle da parte. Lessare le carote fino a che saranno tenerissime, ma non disfatte, evitando così che assorbano acqua. Passarle al mixer e, volendo, anche al setaccio. Tenere da parte.



Mescolare il latte e la panna a temperatura ambiente. Montare i tuorli (gli albumi si possono conservare in frigorifero per un’altra ricetta) con lo zucchero direttamente nella casseruolina dove cuocerà la crema. Aggiungere la semola setacciata e le mandorle ridotte in farina e mescolare bene. Aggiungere il latte e la panna poco per volta sempre mescolando. Mettere la casseruolina sul fuoco e far addensare a fuoco dolcissimo mescolando continuamente.

Suddividere la crema in due parti. Aggiungere a una parte le carote.

In un pentolino (o nel forno a microonde) sciogliere il cioccolato con il latte e aggiungerlo subito all’altra metà della crema. Mescolare bene.



Versare le due creme in ciotole o bicchieri in vetro individuali (così da poter apprezzare il contrasto di colore) e decorare la superficie con le striscioline di carota. Conservare in frigorifero per almeno 2 ore prima di servire.  



Spaghetti alla chitarra al nero e tentacoli di seppia



Quante volte pulendo le seppie ho pensato di conservare intatte, con cura, le sacche dell’inchiostro per nuove ricette, una pasta, un risotto? Almeno tante quante non ci sono riuscita, sporcando mani, attrezzi, piano di lavoro. Ma, perseverando, si sa, qualcosa (magari non la perfezione, ma qualcosa) si ottiene sempre. E ce l’ho fatta! 

Ormai padroneggio la tecnica e ora, dopo varie esperienze positive, produco pasta nera praticamente a occhi chiusi. Ecco qui gli spaghetti alla chitarra al nero e tentacoli di seppia. Le mani hanno patito un po’ anche questa volta, ma ne è valsa la pena. La pasta ottenuta era elastica e saporita. L’ho condita con i tentacoli delle... donatrici e pomodori, uniti in un sughetto semplicissimo.

Se volte dare un'occhiata, ecco le altre ricette "al nero" sul blog:
gli Gnocchetti neri con seppie e asparagi  che ho preparato per il concorso promosso dal Consorzio dell’Asparago Piacentino; i Cannelloni al nero di seppia e salsa bianca; le Torri di pasta al nero di seppia ai carciofi e mozzarella inventati per una recente collaborazione con Latte Arborea.



Per 4 persone:

500 g di semola di grano duro rimacinata finissima
nero di seppia
acqua e sale q.b.

i tentacoli e alcuni ritagli di 5 seppie
1 barattolo di pomodori datterini di buona qualità (400 g circa)
aglio
olio extravergine di oliva
sale

erba cipollina fresca (facoltativa)

Setacciare la semola sulla spianatoia di legno; disporla a fontana e aggiungere un pizzico di sale, un po’ di acqua leggermente tiepida e il nero di seppia spremuto dalle sacche. Cominciare a mescolare con una forchetta, quindi impastare con le mani aggiungendo altra acqua se occorre.



Lavorare per almeno una ventina di minuti fino a ottenere una pasta liscia, soda ed elastica. Formare una palla e lasciarla riposare sulla spianatoia sotto una ciotola rovesciata.

Nel frattempo preparare il sugo. Lavare bene i tentacoli di seppia, scaldare 3 cucchiai d’olio extravergine di oliva in una padella ampia o un wok, aggiungere l’aglio a fettine (va bene anche grattugiato, oppure lasciate lo spicchio intero se poi lo volete recuperare) e gettarvi le seppie. Cuocere mescolando spesso fino a che non saranno tenere. Prelevarle con una schiumarola e tenerle da parte.



Nella medesima padella aggiungere 1 cucchiaio d’olio e tutto il liquido di una barattolo da 400 grammi di pomodori datterini. Far ridurre per 5 minuti a fuoco vivace, poi aggiungere i pomodorini interi (non vanno schiacciati) e far cuocere per circa 10 minuti. Spegnere il fuoco.

Riprendere la pasta. Dividere il panetto in 8 parti uguali. Stendere ogni porzione con il matterello in una sfoglia di circa 2 millimetri di spessore e di larghezza adeguata alla misura della chitarra. Quindi appoggiarla sulle corde e ricavare gli spaghetti facendo pressione con il matterello.

Portare a bollore abbondante acqua salta. Gettarvi gli spaghetti. Mentre cuociono (pochi minuti, ma è meglio assaggiare) riaccendere il fuoco sotto la padella del sugo, aggiungere le seppie tenute da parte e, appena saranno pronti, gettarvi gli spaghetti.



Mescolare bene, quindi dividere la pasta tra i quattro piatti. Aggiungere il sugo rimasto nella padella e completare con un po’ di erba cipollina fresca, tagliuzzata al momento.









Mousse di fave e ricotta nel biscotto con composta agrodolce di fragole



Questa mousse di fave e ricotta nel biscotto con composta agrodolce di fragole è una ricetta adatta per aprire con un antipasto freddo una cena primaverile, oppure per arricchire il buffet di un brunch. Il gusto delicato di fave e ricotta si sposa bene con l’agrodolce delle fragole cotte con zucchero e aceto di mele; il biscotto alle erbe e pecorino sostiene bene il tutto e, a modo suo, ricorda entrambi gli abbinamenti classici: fave e menta e fave e pecorino.

Il procedimento è un po’ lungo, ma la difficoltà minima. Per comodità ho definito brisée la pasta dei biscotti, ma, ovviamente, della brisée qui c’è solo l’idea: ho infatti sostituito la farina di grano tenero con la semola di grano duro e ho aggiunto il formaggio, che non è proprio ortodosso. I biscotti in questo modo sono friabili e molto saporiti; non fanno solo da base neutra al ripieno, per intenderci. E la pasta non è assolutamente più difficile da lavorare, come molti potrebbero obiettare.

Gli ingredienti sono tutti di stagione, ma è indispensabile che le fragole siano ben mature e dolci e che sia la ricotta, sia le fave siano freschissime. Io ho la fortuna di vivere in un luogo dove avere ingredienti di ottima qualità a portata di mano è facilissimo: la fragole si coltivano nelle meravigliose campagne da qui ad Alghero e si possono trovare il giorno stesso del raccolto al mercato o nei piccoli negozi. La ricotta di pecora vive in questi giorni di primavera il suo momento migliore: le pecore brucano finalmente in pascoli freschissimi e ricchi di erbe profumate, resi ancora più rigogliosi dalle recenti piogge, e danno un latte ricco e saporito. Le fave crescono in ogni orto, nelle vigne e in campo aperto; le mie vengono direttamente dall’orto dell’amica Rosalia che, in gentile omaggio, me le ha fatte recapitare insieme a un profumatissimo mazzo di menta. Non potrei chiedere di più.



Per 6 pezzi:

250 g di semola rimacinata finissima
125 g di burro
60 g di acqua
30 g di formaggio pecorino grattugiato
erbe fresche miste (menta in prevalenza, più basilico, timo, maggiorana, erba cipollina)

250 g di fave al netto di baccelli e buccia
250 g di ricotta di pecora freschissima
1 cucchiaio di panna fresca
sale

15 fragole ben mature
1 cucchiaio di aceto di mele
1 cucchiaio di zucchero mascobado (o zucchero di canna)
1 pizzico di sale

Per prima cosa preparare la pasta brisée. Setacciare la semola sulla spianatoia di legno e formare una fontana. Aggiungere il burro ridotto a pezzi molto piccoli, un pizzico di sale e il formaggio pecorino grattugiato. Impastare con la punta delle dita e ottenere un mucchietto di briciole. Riformare la fontana, aggiungere l’acqua e tutte le erbe tritate finemente con una mezzaluna. Impastare di nuovo fino a ottenere una massa liscia e morbida. Avvolgerla in pellicola per alimenti e lasciarla riposare in frigorifero per almeno un’ora.

Nel frattempo sbacellare le fave – per ottenere, in seguito alla cottura, i 250 grammi di fave che servono per questa ricetta, occorreranno circa 2 chili di fave intere e... un po’ di lavoro – poi lessarle in abbondante acqua leggermente salata. Scolarle, stenderle su un canovaccio pulito e lasciarle raffreddare quel tanto che basta a maneggiarle senza scottarsi. Sbucciarle una a una e conservare le bucce per altre ricette (io ci ho fatto un ottimo ragù con altre verdure e pomodoro). Lasciarle raffreddare completamente.



Riprendere la pasta; dividerla in due parti uguali e stenderla con metterello a circa mezzo centimetro di spessore. Io per questa operazione sistemo la pasta tra due bastoncini di legno a sezione quadrata dello spessore desiderato e passo il matterello appoggiando l’estremità ai bastoncini. Si può fare sia sulla spianatoia di legno o su un foglio di carta forno. Ritagliare 12 dischi di pasta di circa 8 centimetri di diametro con uno stampo per biscotti, o a mano con una rotella tagliapasta.

Sistemare i dischi di pasta in una teglia rivestita di cartaforno e cuocerli sul ripiano centrale del forno già caldo a 180° per 15 minuti. Spegnere il forno, rigirare i biscotti e lasciarli raffreddare lentamente dentro il forno, con lo sportello solo parzialmente aperto.

Riprendere le fave e tritarle grossolanamente, nel mixer o con la mezzaluna; poi, aiutandosi con una spatola, passarle attraverso un setaccio molto fitto. Setacciare anche la ricotta. Raccogliere il tutto in una ciotola, aggiungere un pizzico di sale e un cucchiaio di panna fresca e mescolare bene: il composto ricavato dev’essere finissimo e arioso.

Mondare le fragole e tagliarle in piccoli pezzi. Sistemarle in una padellina antiaderente, irrorarle con l’aceto di mele, aggiungere lo zucchero mascobado e un pizzico di sale. Far cuocere mescolando molto delicatamente fino a che lo zucchero sia ben sciolto e le fragole cotte, ma non spappolate.



Riprendere i biscotti. Aiutandosi con una spatolina, o utilizzando una sac à poche con un beccuccio largo e liscio, formare uno strato omogeneo di mousse di fave e ricotta sopra 6 biscotti. Sovrapporre gli altri 6 biscotti. Aggiungere un secondo strato, molto sottile, di mousse. Sistemare i biscotti su un piatto e riporli in frigorifero per una ventina di minuti.

Riprenderli e decorarli con un paio di cucchiaini di composta agrodolce di fragole. Servire immediatamente.