Biscotti semplicissimi per combattere il freddo


No, mi dispiace ma non ce la posso fare! Milano mi stressa troppo.
Abituata alla tranquillità e al diverso clima dell’isola questa città oramai mi procura quasi solo fastidio e ansia. 

E per clima non intendo quello meteorologico. Anzi, tutto sommato la neve asciutta di venerdì è stata persino piacevole (nei limiti) e il freddo intensissimo, da combattere a colpi di piumone e tè bollente, mi ha persino corroborato… Quello che non va (più) in questa città è il clima sociale e morale. Ma non è mia intenzione soffermarmi troppo su questi aspetti. Questo è un blog di cucina, non una testata giornalistica.
Quindi: ecco che vi propongo la foto e la ricetta dei miei biscotti di Natale. 

Velocissimi, facilissimi, imprescindibilissimi, soprattutto se li si condivide come ho fatto io con una carissima amica e i suoi brillanti figlioli.



(per venti/ventidue di biscotti di misura media: se ne volete di più aumentate le dosi in proporzione)
125 g di burro
125 g di zucchero bianco
120 g di farina bianca
100 g di farina di grano saraceno
1 uovo intero
un pizzico di sale

Accendere il forno a 180° e rivestire la placca di carta da forno (per farla meglio aderire bagnatela, strizzatela e poi distendetela, lisciandola direttamente sulla placca).
Lasciar ammorbidire il burro, poi lavorarlo con lo zucchero fino a ottenere una crema. 

Battere leggermente l’uovo con una forchetta, poi aggiungerlo alla crema di burro e zucchero e amalgamare bene. Mescolare le due farine e unirle, setacciandole poco per volta, all’impasto.
Infarinandosi leggermente le mani prelevare una piccola quantità di impasto per volta, formare una pallina e disporla sulla placca ben distanziata dalla sua vicina. Terminata questa operazione schiacciare leggermente ogni pallina con una forchetta, cercando di mantenere una forma tondeggiante e senza appiattire troppo.
Cuocere a 180° a mezza altezza per circa 20 minuti o fino a che i biscotti non cominciano a colorarsi in superficie.
Lasciarli parzialmente raffreddare sulla placca, poi spostarli delicatamente (non dovrebbero assolutamente essersi appiccicati né alla placca, né tra di loro…) e lasciarli raffreddare completamente prima di confezionarli se li dovete regalare, o di chiuderli in un barattolo ermetico se li volete conservare per tè e colazioni casalinghe.


Cipolle ripiene contro il freddo



Dove siete? Anche da voi fa freddo?
Qui (ma perché sempre quando ci sono io?) fa mooolto freddo e la neve e il ghiaccio la fanno da padrone in questi giorni. 
Io rimedio a modo mio, sfornando l’ennesima torta al cioccolato e caffè e meditando soufflé di zucca. 

Ma quest’ultima proposta per la cena di stasera me l’hanno bocciata: per alzata di mano si è deliberato un menù di ravioli in brodo e per secondo qualcosa di… saporito.
E che saporito sia!


Cipolle (possibilmente bionde) tonde di misura media
salsiccia fresca
pane grattugiato
olio
alloro, timo
vino bianco
sale grosso


Tagliare in due longitudinalmente le cipolle, togliere la parte più interna in modo da formare delle “scodelle” e adagiarle sul fondo di una casseruola. 

Ricoprire di acqua con l’aggiunta di un po’ di vino bianco, una foglia di alloro e pochi grani di sale grosso. Lasciarle cuocere su fuoco molto basso, ma tenendole continuamente d’occhio affinché l’acqua non si consumi del tutto prima che siano cotte.
Tritare finemente parte dei cuori delle cipolle precedentemente scartati (il resto si userà tranquillamente per un altro soffritto) e farli imbiondire in una padella con poco olio, quindi unire la polpa della salsiccia ben sgranata e far saltare brevemente. 
Io non ho aggiunto né sale né pepe poiché la salsiccia, in genere, è piuttosto saporita, ma seguite i vostri gusti personali.

Ungere una teglia con olio e accendere il forno a temperatura piuttosto alta (200°/220°). 

Bagnare il pangrattato con un  po’ di olio e, a piacere, unire qualche foglia di timo o di altra erba aromatica fresca.

Scolare le cipolle, farle asciugare, tamponandole anche con la carta da cucina, quindi sistemare le scodelle sulla teglia, riempirle di salsiccia, cospargere il tutto con il pangrattato unto e aromatizzato e terminare la cottura in forno, sul ripiano centrale, per circa 10, 15 minuti.

Se il sapore del piatto forte è forte, allora anche il vino deve farsi sentire…
Domandandomi se anche da quelle parti ora ci sia la neve, ecco che sfodero dalla mia cantina ideale un Aglianico del Vulture. Si tratta di  un vino DOC della Basilicata (zona del Vulture, provincia di Potenza) molto deciso e asciutto, ma profumatissimo. È quasi certo che i primi vitigni di Aglianico li abbiano piantati i coloni greci intorno al VI sec. a.C.

Torta di (un) compleanno al cioccolato e caffè


Oggi è un compleanno. Non sto a precisare di chi, ma dirò solo che è di qualcuno che si ostina a sorvolare sul suo genetliaco da almeno vent’anni. E lo farà anche quest’anno, ovviamente. 

In ogni caso la giornata è novembrina (per quanto mitigata dal cuore caldo dell’isola), piove, è grigio, c’è poca luce e siamo anche un po’ stanchi perché abbiamo avuto una fine settimana piuttosto piena. 

Quindi cosa c’è di meglio che scaldare l’atmosfera e la cucina facendo una bella torta che profumi la casa e, perché no, anche il pianerottolo? Questo per dire che quel compleanno non c’entra niente: l’avrei fatta lo stesso, la torta.
Ho sperimentato questa ricetta per la prima volta, prendendo spunto da una vecchia enciclopedia della cucina di mia madre. 



100 g di farina 00
120 g di burro salato
100 g di zucchero bianco
60 g di cacao amaro
2 uova intere
8 g di lievito in polvere (circa ½ bustina)
100 ml di caffè (freddo e con poco zucchero)
20 ml di latte freddo

Togliere il burro dal frigorifero e lasciarlo ammorbidire a temperatura ambiente, quindi unirlo allo zucchero e lavorare fino a ottenere una crema, utilizzando preferibilmente una spatola di silicone.
Sbattere con una frusta le uova intere, ma senza montarle; unirle lentamente alla crema di burro e zucchero.
Mescolare la farina direttamente con il lievito e il cacao e unirla all’impasto lentamente, setacciandola. 
Unire il latte e mescolare accuratamente; per ultimo unire il caffè poco alla volta fino a ottenere un impasto molto liscio.
Versare in una tortiera imburrata e infarinata e infilare nel forno già ben caldo. Cuocere per circa 30 minuti a 180° sul ripiano centrale. 
Trascorso questo tempo estrarre la torta dal forno, attendere una decina di minuti e sformarla.

Un cucchiaio di panna poco montata e non zuccherata a fianco di ogni fetta non guasta.
Per quanto riguarda il burro: di certo si può fare anche con il burro non salato, ma quello salato dona a questa torta, già di per sé poco dolce, una nota particolare.

L’abbinamento con il vino, invece, non è facile per nulla. La risposta del signor Veronelli, interpellato su cosa si potesse abbinare al cioccolato, era “Altro cioccolato!”. Verissimo… di cioccolato non ce n’è mai abbastanza, ma io consiglierò un intramontabile classico: un calicino di Barolo Chinato.

Natura morta con salsiccia... ovvero pensare alla cassoeula e preparare qualcos'altro


Un po’ di autunno è arrivato anche qui. Ha piovuto qualche giorno, le temperature si sono abbassate, ho indossato il primo maglioncino di lana, la scelta delle verdure dal mio ortolano di fiducia si è modificata: da qualche giorno si trovano dei cavolfiori bellissimi e delle invitanti verze. 

Vedere verze e pensare alla cassoeula per me è un tutt’uno, tanto più che la tradizione lombarda vorrebbe che fosse preparata per la prima volta il 2 novembre. Peccato che la cassoeula a me non sia mai piaciuta!
Però la voglia di accoppiare verza e carne di maiale, rivisitando la ricetta originale, mi è venuta…

Verza
costine di maiale
salsiccia di maiale
pancetta affumicata
cipolla
sedano
carota
patate
passata di pomodoro
aglio
olio
vino bianco
sale, pepe, peperoncino
brodo vegetale

Affettare la verza (io ho ne ho usata mezza, perché era davvero molto grande) e lavarla molto bene con l’aiuto di un po’ di bicarbonato sciolto nell’acqua e ricambiando la stessa più volte.
Togliere il grasso in eccesso dalle costine di maiale e tagliare la salsiccia a tocchi non troppo piccoli.
Tritare sedano (una o due coste), carote (una o due piccole) e cipolla (una piuttosto piccola) e almeno un paio di spicchi d’aglio.

Ridurre a dadini un bel pezzetto di pancetta affumicata.
Sbucciare la patata e ridurla a dadoni, quindi conservala in una ciotola piena d’acqua per evitare che annerisca.

Scaldare una piastra di ghisa e scottarvi brevemente costine e pezzi di salsiccia: questo per chiudere i pori della carne e sciogliere ulteriormente il grasso in eccesso. 

Conservare i pezzi grigliati in una ciotola, in modo da recuperare tutto l’eventuale “sughetto”.

In una casseruola molto capace e dai bordi alti far soffriggere il trito di aglio e verdure e i dadini di pancetta, almeno finché l’aglio non avrà cominciato a dorarsi, quindi unire la verza ben sgocciolata e mescolare. Bagnare con mezzo bicchiere di vino bianco e far cuocere a fuoco vivace per circa 10 minuti, in modo che la verza si asciughi un po’.

Quindi unire le costine e bagnare con qualche mestolo di brodo vegetale. Durante la cottura controllate spesso: se si asciugasse troppo unite ancora brodo (che va aggiunto bollente, per non bloccare la cottura).

Dopo circa 40 minuti a pentola coperta e a fuoco bassissimo, unire i pezzi di salsiccia, tutto il sughetto rimasto in fondo alla ciotola, tre o quattro cucchiai di passata di pomodoro, le patate. Insaporire con un trito di pepe nero e con peperoncino in polvere, ma salare solo se necessario. 

Continuare a cuocere per altri 30 minuti circa (a fuoco basso, ma a pentola scoperta).
Assaggiare e aggiustare eventualmente di sale, pepe o peperoncino.

Spegnere il fuoco e attendere almeno 15 minuti prima di servire in tavola.

Credo sia giusto lasciare il piatto (la zuppa, la pseudo-cassoeula… non so come chiamarla!) un po’ brodoso; da mangiare con forchetta/coltello/cucchiaio, insomma.


Abbinamento al vino… Dunque la carne di maiale, pur sgrassata, rimane sempre saporita e la verza non è proprio la più digeribile delle verdure, quindi perché non osare qualcosa di frizzante? Un Gutturnio dei Colli Piacentini (uno dei primi vini italiani a ottenere la DOP nel 1967) nella sua versione giovane e frizzante; vino che si ottiene da un uvaggio di uve Barbera (dal 55% al 70%) e Croatina o Bonarda (dal 30 al 45%).

Mousse di cachi


Consentitemi di prenderla un po’ alla lontana, oggi.

In generale non amo i laghi: hanno un cattivo odore e l’acqua scura mi fa paura. E questo malgrado io sia nata e vissuta per tanti anni nella regione italiana con il maggior numero di laghi (almeno, questo mi disse la mia maestra Elsa e io ci credo ciecamente)! 

Però i giardini delle case in riva ai laghi sono sempre bellissimi! Non mi riferisco necessariamente alle grandi e monumentali ville oggi tanto appetite dagli stranieri, ma alle “case”, quelle normali, con quei giardini piccoli e umidi, sempre un po’ bui dove vivono armonicamente vecchie serenelle, capelvenere rigogliosi, invernali e profumatissimi calcanti e alberi di cachi. 

Ecco, qui vi volevo portare: agli alberi di cachi. Sono alberi solidi con frutti bellissimi, i quali se ne stanno verdi-verdi e vellutati a passare l’estate nascosti sotto le foglie grandi e scure e poi, improvvisamente, diventano lucidi, di un arancione abbagliante e l’albero scrolla via tutte le foglie, per farli risaltare e far prendere loro l’ultimo sole autunnale. 

Io associo sempre questi alberi e questi frutti alle passeggiate d’autunno in riva ai laghi, a quei gironi in cui le giornate si accorciano velocemente e si comincia a usare la sciarpa per tenersi la gola al riparo dall’umidità; quelle giornate, rare, in cui il cielo di Lombardia è davvero azzurro-cielo-di-Lombardia.
Però questi frutti si trovano dappertutto: al nord si raccolgono ancora un po’ acerbi, perché il freddo li rovinerebbe; se ne lascia solo qualcuno sulla pianta, per gli uccelli e, diciamocelo, perché l’effetto estetico dell’albero senza nemmeno una foglia, ma con quei frutti vivaci e traslucidi è impagabile.
Qui al sud non ce n’è bisogno; si raccolgono a maturazione e si consumano subito.

Insomma, tutta questa lunghissima premessa per dirvi che mi hanno regalato un vassoio colmo di cachi supermaturi che devo assolutamente consumare in fretta! 
Ovviamente una marmellata non me la toglie nessuno; di certo ne mangerò un bel po’ nature, ma i rimanenti finiranno in un dolce facile facile, che, lo ammetto, sarebbe più adatto a quelle giornate fredde che, qui sull’isola, non hanno nessuna voglia di arrivare… per fortuna.


Cachi molto maturi
zucchero grezzo di canna
mascarpone fresco
yogurt (possibilmente intero del tipo cremoso)
cognac o rum scuro
cacao amaro
cannella

Mondare i cachi di picciolo e buccia e raccogliere la polpa in una ciotola, poi passare accuratamente tutto attraverso un setaccio piuttosto fine per eliminare tutti i filamenti e i semini. Unire alla polpa setacciata un poco di cannella in polvere.

Mescolare energicamente il mascarpone con lo yogurt e lo zucchero di canna (senza eccedere, poiché i cachi sono molto dolci di loro) e profumare con un poco di liquore. Il mascarpone deve prevalere, quindi se ne deve usare il doppio rispetto allo yogurt.
Unire i due composti e mescolare bene, assaggiare ed eventualmente aggiustare di zucchero. 

Versare in piccole tazzine o ciotoline individuali e lasciar riposare in frigorifero per qualche ora. 

Togliere dal frigorifero e, se necessario per un miglior effetto estetico, rimescolare.  Servire con biscottini tipo lingue di gatto o, in alternativa, dei savoiardi freschi (ma in questo caso questo dessert diventa un po’… impegnativo), spolverizzando solo all’ultimo momento la superficie con del buon cacao amaro.

Se utilizzate la ricetta come fine pasto e non come merenda, l’abbinamento che consiglierei è con un Malvasia Passito dei Colli Piacentini, un vino DOP dolce e aromatico della provincia di Piacenza.

Verdure...


Dopo la patata a forma di cuore, ecco due carote strette in un caldo abbraccio… 
Forse dovremmo imparare qualcosa (anche) dalle verdure?




Pommes vapeur con salsa allo yogurt


Tra le prelibatezze della montagna autunnale figurano anche le patate. 
Purtroppo quelle non approderanno nell’isola (non posso pagare un mega supplemento-bagagli per portarmi un sacco di patate!), ma in città ci sono arrivate e sono buonissime. 

Infatti tradizione trentennale vuole che dall’Alto Adige, tutti gli anni, si portino tante tante patate (meglio se della Val Venosta…) e tante tante mele e che si conservino per l’inverno. In ogni caso, i primi giorni dopo il rientro è tutto un inventarsi ricette con questi due pommes!

 
Ieri sera ecco infatti un semplice filetto di salmone con patate al vapore accompagnate da una salsina tiepida. 

Non sto a descrivervi il procedimento per il filetto di salmone al vapore - visto che si tratta solo di adagiare la polpa dentro il cestello, porre quest’ultimo sopra una pentola con acqua, pochissimo aceto bianco ed eventuali aromi a piacere e lasciar cuocere il necessario - ma passerò direttamente alle patate.

Patate
burro
capperi
cipolla
vino bianco non troppo secco
yogurt
sale, pepe, zucchero
aceto di vino bianco, alloro, timo (o altri aromi)

Pelare le patate e ricavarne fette piuttosto spesse e regolari. Adagiare le fette leggermente sovrapposte nel cestello del vapore (io ne uso uno in bambù, cinese, con il relativo coperchio) e porre il tutto su una pentola in cui stia sobbollendo acqua aromatizzata con un poco di aceto di vino bianco, una foglia di alloro e alcuni grani di sale grosso, quindi lasciar cuocere lentamente.
Nel frattempo tritare finissimamente della cipolla bionda, alcuni capperi sotto sale ben risciacquati e un poco di timo fresco. In un pentolino dal fondo spesso far fondere un paio di grosse noci di buon burro, unire il trito, appassire la cipolla mescolando continuamente, aggiungere circa 2/3 di bicchiere di vino bianco e lasciar ridurre a fuoco bassissimo. 

Quando il volume sarà più o meno dimezzato spegnere il fuoco, unire ancora una piccola noce di burro fresco e uno spruzzo di vino, quindi tenere da parte. 

Nel frattempo le patate dovrebbero essere cotte. Toglierle dal cestello con delicatezza e disporle in un piatto sempre leggermente sovrapposte. 

Riprendere il pentolino della salsa, unire yogurt a piacere, salare solo se strettamente necessario, unire un poco di pepe bianco e mezzo cucchiaino di zucchero, mescolare bene (anche con una piccola frusta) e irrorare le patate.

Potreste anche servire le patate in un’insalatiera con la salsina a parte, in una bella ciotola rustica.


Per quanto riguarda il vino, consiglierei questa volta un Riesling Alto Adige - Valle Isarco (tanto per rimanere in zona...). Tutti a tavola hanno approvato: si abbina bene sia con il salmone, sia con la salsina burrosa per le patate.

Confettura di fichi


Mi sta venendo la sindrome della formichina! Da quando vivo sull’isola sono tutta presa da marmellate, conserve, raccolta di erbe da essiccare…. 
Nella grande città naturalmente non lo facevo; avevo sempre tutto a disposizione. 

Intendiamoci: non voglio dire che qui non ci siano supermercati molto ben forniti; è solo che non è possibile fare alcuni chilometri fuori città e non imbattersi in meravigliosi alberi da cui raccogliere la frutta, prati puliti dove sforbiciare erbette, rovi generosi, orti straripanti di pomodori! 

Quindi la voglia di fare qualcosa con le mie mani, partendo da materie prime tanto buone, non può che assalirmi e lasciarmi in un turbinio di barattoli, pentole, bilance, imbuti, gratelle… 

Naturalmente ieri son dovuta anche entrare nel mio negozio di casalinghi preferito: mi sono accorta che, in questa casa, non possedevo uno schiaccianoci e, con questa scusa, sono uscita con l’ennesima sporta piena di attrezzi e attrezzini fantastici!

Ma questo era per dire cosa? Ah, di nuovo fichi, rigorosamente raccolti al ciglio di una strada bellissima in mezzo a campagne coltivate in quel modo che “fa bene al cuore” e una nuova ricetta per la marmellata.

1 kg di fichi misti, verdi e neri
400 g di zucchero di canna grezzo
½ limone
2 cucchiai di aceto di mele
1 stecca di cannella lunga circa 5 cm
1 pezzetto di zenzero secco
1 fiore di anice stellato

Pulire sommariamente i fichi senza sbucciarli e porli insieme a tutti gli altri ingredienti in una pentola dal fondo pesante. 

Cuocere a fuoco bassissimo (meglio usare una retina spargifiamma e il fornello più piccolo) per circa un’ora mescolando spesso. Eliminare la cannella, il limone, l’anice stellato e lo zenzero, quindi passare la marmellata con un frullino a immersione, ma senza insistere troppo. 

Sterilizzare barattoli e coperchi e lasciarli scolare. Riempire i barattoli e lasciarli raffreddare a testa in giù.

Stelle alpine...




Come si dice? Se non è l’Orata che va alla montagna è la montagna che va all’Orata…, sotto forma di questo delizioso grembiulino donato da amici carissimi reduci da una vacanza alpina.

Per ora non l’ho ancora usato (il colore non si intona con quello del mio costume da bagno…), ma sono impaziente di indossarlo per cucinare qualcosa di veramente speciale! 

Ora come ora avrei solo voglia di un bel gelato, ma, contemporaneamente, non posso fare a meno di pensare a fresche vacanze in alta montagna... 

Quindi mi permetto di inserire qui la specialissima ricetta del gelato allo zafferano di Gregor Wenter, chef dell'Hotel Bad-Schörgau.
Mescolare 3 tuorli d’uovo con 70 gr. di zucchero, unire 400 ml. di latte e 70 ml. di panna fresca e amalgamare bene il tutto in un pentolino tenuto a fuoco dolce. Sciogliere due bustine di zafferano in polvere in 40 ml. di liquore Pernod e unire all’impasto di uova e latte, lasciar raffreddare completamente, quindi versare il tutto nella gelatiera e lasciarla funzionare per circa 40 minuti.

Questa ricetta è contenuta in un bellissimo piccolo libro che alterna ricette ideate dallo chef Wenter a favole e leggende della Val Sarentino.

Mousse al vino passito


Un classico: amici che portano in dono una bottiglia di vino passito* e ne rimane quel pochino che rischia di svaporare. 

Sarebbe un vero peccato! Quindi è tassativo inventarsi qualcosa per utilizzare quel bicchierino di nettare. La prima idea è quella di uno zabaione, ma, visto che la temperatura non è proprio quella adatta, preferisco trasformarlo in una mousse da servire fredda. 

Non è comunque un dolce leggero, lo ammetto, quindi meglio servirlo in tazzine da caffè spiritose o colorate (ovvero mini-porzioni) e gustarselo come un piccolo sfizio.


2 tuorli
2 cucchiai di zucchero bianco
50 ml di vino passito
150 g di panna da montare fresca

In una bastardella immersa in un bagno maria montare lentamente con una piccola frusta i tuorli con lo zucchero e unire a filo un cucchiaio di acqua e tutto il vino. 

Quando il composto sarà voluminoso e ben montato, toglierlo dal bagno maria. Mentre si raffredda montare la panna (fredda e con un pizzico di sale) con una frusta elettrica, quindi unire i due composti mescolando molto delicatamente dall’alto in basso. 

Versare la mousse nei contenitori prescelti e conservare il frigorifero fino al momento di servire. 
Se non possedete una bastardella non è un problema: va benissimo una ciotola resistente al calore (meglio di metallo) che si adatti bene al pentolino dove terrete a sobbollire il bagno maria. State solo più attenti a non scottarvi quando la muovete!

*Per esempio una Vernaccia di Oristano invecchiata in botte (uve vernaccia appassite sui tralci, vinificazione in bianco, affinamento in piccole botti di rovere o castagno).

Scampi, erbe e verdurine


Va bene è estate, nessuno ha voglia di cucinare, ma non è che possiamo andare avanti a mozzarelle e pomodori (per quanto ottimi possano essere sia gli uni sia le altre)!

Insomma, una cena un po’ speciale a base di pesce possiamo organizzarla, magari impegnandoci un po’ e uscendo dall’acqua un po’ prima, ché stiamo diventando pesci (orate, naturalmente...) anche noi! 

Questa ricettina semplice semplice è adattissima anche a una cena con ospiti, visto che si può mangiare sia calda che fredda, così da non doversi preoccupare di eventuali ritardi nel mettersi a tavola. 
Se poi la si fa seguire da una ricca pasta con le arselle cucinata in bianco (senza pomodoro), si può decisamente fare a meno del secondo.

3 scampi (almeno) di medie dimensioni per commensale
zucchine piccole e tenere
insalata a foglia piccola
peperone giallo
timo, maggiorana, mentuccia, basilico…
limone
olio extravergine di oliva
sale
pepe bianco

Staccare le teste agli scampi, sgusciare le code, pulirle del filo nero, quindi cospargerle con un trito di erbe aromatiche (non esagerate con la mentuccia, perché rischia di soverchiare gli altri sapori) e porle a insaporirsi per circa tre ore in frigorifero in un piatto coperto con pellicola per alimenti.

Preparare le verdurine: mondare l’insalata, tagliare il peperone a dadini il più piccolo possibile e tagliare le zucchine con una mandolina a fettine sottili per il lungo per ottenere dei “nastri” (se non siete esperti nell’uso di questo attrezzo potete anche tagliarle a fettine tonde, piuttosto che rischiare di farvi male; l’importante è che siano quasi trasparenti, visto che verranno mangiate crude). 

Ripulire con un foglio di carta da cucina le code di scampi dalle erbe, quindi cuocerli al vapore per pochi minuti (nell’acqua del vapore aggiungere magari un paio di fettine di limone). 

Emulsionare olio, sale, pepe bianco, succo di limone filtrato. 

Disporre l’insalatina nei piatti, cospargere con i dadini di peperone giallo e decorare con i nastri (o le rondelle) di zucchina, quindi adagiare le code di scampi e condire con l’emulsione. Servire immediatamente se la si vuol gustare tiepida o, al contrario, attendere che gli scampi si freddino completamente.

Le teste dei crostacei possono essere conservate per dare sapore a una zuppa di pesce, quindi non buttatele, ma conservatele, anche in freezer, per una prossima ricetta.

Gazpacho!



Preciso, se ce ne fosse bisogno, che di ricette per il gazpacho ne esistono tante quante sono le massaie spagnole, i ristoratori spagnoli e gli appassionati di cucina mediterranea. 

Questa è la mia (rivedibile e correggibile; anzi, si accettano consigli).


In ogni caso è una buona idea per una cena estiva, per esempio come antipasto a una grigliata di carne (ancora? sì, perché no? avrete capito che qui le grigliate sono un must assoluto, e non solo d’estate), oppure come soluzione unica per il pranzo. 

Io comunque lo preparo questa sera e lo tengo in frigorifero a portata di mano; sono certa che entro la fine settimana servirà.


400 g circa di pomodori rossi e maturi
300 g di cetrioli piuttosto piccoli (con pochi semi) e freschissimi
200 g di peperoni rossi carnosi e freschi
150 g di cipolla (meglio se rossa)
1 panino raffermo
1 litro di brodo vegetale leggero (freddo)
olio, aceto rosso
sale, pepe nero,
1 peperoncino piccante fresco

Spezzare il pane raffermo e metterlo a bagno in un misto di aceto rosso e poca acqua e lasciarlo diventare tenero, quindi toglierlo dalla bagna e strizzarlo. 

Mondare il cetriolo, farlo a tocchetti e lasciarlo a perdere acqua in un colino; mondare cipolla e peperone e farli a pezzetti. Aprire il peperoncino e togliere accuratamente tutti i semini e i filamenti bianchi. 

Portare a bollore dell’acqua con poco sale e un poco di aceto, praticare un taglietto a croce sulla buccia dei pomodori, tuffarli nell’acqua bollente, scottarli per benino, quindi scolarli, sbucciarli e farli a pezzi. 

Riunire il pane e tutte le verdure così preparate nel bicchiere alto del frullatore, aggiungere circa metà del brodo e frullare il tutto abbastanza a lungo. 

Unire il rimanente brodo, mescolare e, solo in questo momento, salare, pepare e condire con olio extravergine di oliva secondo i gusti. 

Passare il composto ottenuto attraverso un colino fitto o un setaccio per eliminare eventuali semini o bucce sfuggite al frullatore; versarlo in una capiente brocca (meglio se munita di tappo ermetico) e conservarlo in frigorifero fino al momento di servire.

Il gazpacho si consuma generalmente in due modi: come “bibita” in bicchieroni con ghiaccio (e magari anche cannuccia), oppure come minestra fredda, servita in piatti fondi e guarnita con crostini di pane strofinati con aglio.


Salsa allo yogurt e cetriolo




Venerdì sera. 
Una terrazza affacciata su uno dei mari più belli del mondo, la luna quasi piena che disegna magistralmente la silhouette di una delle numerose torri che costellano la costa di questa splendida isola, il rumore del mare come colonna sonora e… una bella griglia rovente per cucinare a puntino diversi tipi di carne! 

E poi, naturalmente, una affiatata compagnia di amici e un perfetto “grigliatore”. 
In attesa della carne ci siamo tuffati in una scodella di salsa allo yogurt e cetriolo; insomma una mia versione personale dello tzatziki che, anche se non aderente all’originale, in genere incontra sempre una certa approvazione. 

Pubblico quindi la semplicissima ricetta anche per mia sorella Carla, la quale se l’è già segnata una decina di volte… e persa altrettante!

Yogurt bianco intero (meglio se del tipo greco)
cipolla bianca
cetriolo sodo e con pochi semi
sale, olio extravergine di oliva
zucchero
aglio
foglie fresche di menta

Mondare il cetriolo, eliminare il grosso dei semi, tagliarlo in una minutissima dadolata, cospargerlo di sale e lasciarlo a perdere acqua in un colino.

Mondare la cipolla, tritarla a mano, raccoglierla in una ciotola e lasciarla a bagno in una soluzione di acqua e latte.

In attesa di usare le due verdure (ci vorrà una mezz’ora perché siano pronte), tritare finissimamente l’aglio e condire lo yogurt con olio, sale, un pizzichino di zucchero e le foglie di menta tagliate a sottili striscioline. 

Sciacquare il cetriolo e asciugarlo con carta da cucina, scolare il liquido di ammollo delle cipolle e asciugare anch’esse, quindi unire allo yogurt condito insieme all’aglio. 

Assaggiare, aggiustare eventualmente di sale e olio e tenere in frigorifero per un’altra mezz’ora prima di servire con crostini, fette di pane casereccio o persino gallette di riso integrale.
Non ho specificato le quantità, come solito. Io in genere uso due cetrioli medi e una cipolla media, due spicchi di aglio e almeno quattro o cinque grandi foglie di menta, mentre per il condimento seguo il mio gusto personale (pochissimo sale), ma ognuno può usare le proporzioni preferite.


Spaghetti ai sapori dell’isola (finocchietto, ricotta e prosciutto ogliastrino)




Alcuni giorni di vacanza in cerca di siti archeologici e chiesette romaniche: la mia passione! Qui nell’isola non mancano né gli uni, né le altre ed è sempre molto emozionante scoprirne di nuovi, anche perché, il più delle volte, sono in posti meravigliosi, silenziosi e isolati (almeno in questa stagione); posti dove è piacevole respirare la natura, rilassarsi al canto degli uccelli (con gli onnipresenti belati in sottofondo) e, magari, consumare una veloce colazione al sacco, ma anche raccogliere erbe selvatiche utili alla cucina. 

Proprio una di queste erbe, il finocchietto, mi ha ispirato la ricetta di questa sera, una ricetta fatta solo con ingredienti “tipici” e molto saporita… Viene una gran fame a girare per le campagne!
Il finocchietto comunque è molto versatile in cucina, perché se ne possono usare le foglie fresche per frittate e minestre e, più avanti nella stagione, fiori, gambi e foglie secche per aromatizzare il pesce. 


Per due persone:
140 g di spaghetti
finocchietto selvatico (foglie e alcuni gambi verdi e freschi)
prosciutto crudo in una sola fetta spessa (io ne ho usato uno molto particolare, fatto in casa in quel di Talana, in Ogliastra)
10 pomodorini freschi
2 pomodori secchi
ricotta fresca di pecora (una cucchiaiata)
1 bustina di zafferano
1 spicchio di aglio intero
vino bianco secco

Pulire bene foglie e gambi di finocchietto, quindi metterli a bollire nell’acqua salata in cui si cuocerà la pasta. Dopo alcuni momenti di ebollizione l’acqua sarà diventata verde chiaro: a questo punto gettare la pasta, mescolare, quindi togliere il finocchietto e continuare la cottura.

Tagliare a dadini molto piccoli il prosciutto, porlo in una larga padella con uno spicchio di aglio intero, bagnare con un poco di vino bianco e far sciogliere lentamente il grasso del prosciutto, badando bene che non sfrigoli. 

Togliere la padella dal fuoco. Tagliare i pomodorini a spicchi e privarli della maggior parte dei semi. Sciogliere lo zafferano in un mestolino di acqua di cottura della pasta e mescolarlo alla ricotta. Sciacquare i pomodori secchi e ridurli in striscioline sottili. 

Unire pomodorini, pomodori secchi e ricotta  al prosciutto rosolato nella padella. Scolare la pasta, unirla al sugo e rimettere il tutto brevemente sul fuoco, giusto il tempo per mantecarla bene, quindi servire. 
Se amate particolarmente il sapore del finocchietto unitene un piccolo trito fresco al piatto prima di servirlo.

Insalata tiepida di fregula e calamari



Ieri è stato di nuovo venerdì, di nuovo giorno di pesce, di nuovo giorno di calamari.

Calamari protagonisti di una semplicissima insalata tiepida che è stata apprezzata in famiglia e che conto quindi di inserire nel mio repertorio.


Calamari
pomodori rossi e maturi, ma sodi
cipolla bianca
fregula fine (circa 50 g per commensale)
brodo vegetale
olio d'oliva
sale
pepe
peperoncino
menta
erba cipollina
basilico
aglio
succo di limone 

Mondare i calamari e ridurre a pezzi sia i tentacoli sia le sacche, lavare bene il tutto e lasciare riposare in un colino.

Tagliare a pezzetti i pomodori ed eliminare il grosso dei semi, affettare sottilmente la cipolla. Disporre entrambi in una insalatiera e condire con sale, pepe bianco, olio extravergine di oliva, un pizzico di peperoncino in polvere, il succo di mezzo limone, le erbe fresche tagliuzzate molto finemente. Lasciare insaporire.

Mettere a bollire del brodo di verdura (salando solo se necessario)*, quindi gettarvi la fregula fine e cuocerla per circa dieci minuti; scolarla e stenderla su un piatto in modo che si asciughi un po’ e che si intiepidisca. 

Nel frattempo, in una padella piuttosto larga, far imbiondire uno spicchio di aglio schiacciato nell’olio aromatizzato con un pizzico di peperoncino, quindi unire i calamari e farli saltare fino a ultimare la cottura (ci vorranno meno di dieci minuti), quindi toglierli dal fuoco e scolarli di tutto il liquido.

A questo punto unire i calamari all’insalata di pomodori e, a piacere, unire anche la fregula; oppure disporre su un piatto una “cupola” di fregula attorniata dall’insalata di calamari, in modo che ognuno possa servirsi delle quantità desiderate.

*se non avete brodo di verdura a disposizione, potete usare anche solo acqua, ma ricordate di aggiungere un cucchiaino di olio.