Più o meno nella fascia centrale della Sardegna, tra la
provincia di Nuoro e quella di Oristano, si trovano le regioni storiche di
Marghine, Planargia e Montiferru, Barigadu e Guilcer. Qui ci sono colline, un
clima ottimo, poche precipitazioni ma giusta umidità e pascoli adatti sia alle
pecore sia alle vacche.
È dal latte delle belle vacchette Bruno-Sarde e Sardo-Modicane
allevate all’aperto prevalentemente in queste zone che si ricava la fresa. La fresa è uno dei pochissimi formaggi sardi vaccini adatto a essere
consumato fresco, o con un breve periodo di stagionatura. In alcuni testi lo si
paragona a uno stracchino per via della crosta sottile e della pasta molle.
Il latte deve essere lavorato intero e crudo; la
coagulazione si ottiene sia con caglio liquido di vitello, sia con caglio in
pasta di capretto. La cagliata si recupera per mezzo di teli e poi si lascia –
solo temporaneamente – scolare in uno stampo.
Poco dopo il formaggio si toglie dallo stampo e si fa
scivolare in teli, che vengono legati tipo fagotto utilizzando i quattro
angoli. Si ottiene così una forma
quadrata di più o meno di una ventina di centimetri di lato, spessa circa 5
centimetri, dagli spigoli arrotondati e sulla quale rimane evidente la trama
del tessuto.
La consistenza è morbida e cremosa, il sapore... beh, il
sapore va provato. Anche se la fresa
si consuma “giovane” il sapore è intensissimo, leggermente acidulo, ma più che
altro avvolgente e cremoso.
La produzione è generalmente casalinga e, di conseguenza,
non è facile trovarla nemmeno nel banco dei formaggi dei migliori negozi di
alimentari. Più facile è procurarsela mettendo in moto meccanismi di conoscenza
e amicizia che sono il vero collante e motore delle comunità sarde. Anche per
questo la fresa è davvero un formaggio
che “parla sardo” e che è vera espressione del territorio.
Ho la fortuna di avere questi... agganci e quindi di
assaggiare almeno una volta l’anno uno di questi stupefacenti formaggi. Anche
se tradizione vuole che lo si prepari in autunno, quando il latte delle vacche
è più denso dopo aver svezzato i vitelli (tanto che è noto anche come fresa de attunzu = di autunno), viene
prodotto anche in primavera e non è meno buono.
Quello che vedete in foto sta
dando il meglio di sé in questi giorni, fettina dopo fettina, abbinato a
verdure croccanti come le carote crude tagliate a bastoncino, ma anche sporcato
con un po’ di miele di corbezzolo o di abbamele, oppure puro e semplice, su un
bel pezzo di pane pistoccu integrale. Oppure in un ardito matrimonio con le migliori
fragole della stagione.
da grande amante dei formaggi amerei molto questo che descrivi, peccato che quassù sia impossibile trovarlo !
RispondiEliminaEh, lo so... è uno di quelli che chi scrive di cibo definisce "un prodotto di nicchia"
EliminaLovely blog you have hhere
RispondiEliminaGrazie!
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