La storia
di questo piatto è tutta da raccontare.
Ho un amico
che ha un’amica, Anna, che ha un’azienda vitivinicola in Piemonte. Questa amica
si serve della professionalità di un enologo, che si chiama Giovanni Bailo. Io
Giovanni non l’ho mai incontrato, né ho mai incontrato Anna. Però, come a volte
capita – non spesso, ma ogni tanto sì – sono bastate una telefonata e due email
per capire che si poteva andare d’accordo. Gentilezza, comunicatività, idee
interessanti: merce rara.
Bene.
Giovanni mi spiega che è rimasto impressionato da un vino sardo assaggiato
durante una fiera e, da allora, ha pensato e ripensato che sarebbe stato bello pubblicare
una recensione di questo vino senza usare solo termini tecnici, schede e
parametri precostituiti, ma anche abbinandolo a un piatto.
Si è messo
quindi in cerca di un/una foodblogger che si prestasse al gioco di inventare un
piatto per un vino. Non che abbinasse il vino a un piatto, ma che pensasse proprio
a qualcosa che fosse “fatto apposta” per essere gustato con quel vino. Ha
chiesto in giro, ha preso contatti e poi (e qui torniamo al gioco ho un amico,
che ha un’amica...) ha trovato me.
Il vino in
questione è una Malvasia di Bosa; in particolare la Malvasia di Bosa Dolce Naturale Doc che si chiama Salto di Coloras e che è prodotta dalla Cantina Angelo Angioi in
agro di Tresnuraghes, delizioso paese in provincia di Oristano, nella regione
storica della Planargia.
Ed è stato
un po’ come se Giovanni mi avesse invitato a nozze: sulle Malvasie ci ho
studiato, conosco bene la zona dove si produce la Malvasia di Bosa, ho amici
carissimi che abitano proprio lì e adoro quei vigneti che si affacciano sul
mare. Potete immaginare il mio entusiasmo!
Mi sono
precipitata ad assaggiare questa Salto di
Coloras per “capirla bene” (già sapevo che sarebbe stata buonissima) e
decidere come costruire il mio piatto. Al primo sorso il richiamo al Sauternes è stato
inevitabile e quindi ho subito pensato che, per analogia con il celebre vino
francese che si abbina con formaggi e fois gras, volevo assolutamente
sperimentarla con qualcosa di molto saporito, certamente salato.
Al secondo
sorso mi sono resa conto che questo vino è assai più di e assai altro da un Sauternes. Non sono un’esperta e ciò che sento io è il sole dell’isola che si riverbera
chiaramente nel sapore e l’aria di Mediterraneo che riempie lo spazio nel
bicchiere.
Al terzo
sorso (reggo bene l’alcol, quindi garantisco sulla mia lucidità) la mia mente
stava già cercando di costruire un piatto che potesse contenere diversi sapori
– tutti molto “sardi” – che ricordassero il mare, ma anche le montagne che
caratterizzano l’isola, passando per la pianura.
Mare: muggine
affumicato. Il muggine affumicato si produce a Cabras (Oristano) dove questi
grossi pesci vengono imprigionati e catturati nelle peschiere dove l’acqua è
salmastra. I muggini sono lavorati a Cabras praticamente da sempre, fin dall’epoca
fenicia e romana: se ne ricava l’ottima bottarga, sono protagonisti di piatti
tradizionali in compagnia delle erbe palustri, si arrostiscono e... si affumicano.
Montagna:
castagne. L’accostamento a qualcosa di dolce che richiamasse la dolcezza del vino
era obbligatorio. Vista la stagione, la mia scelta è caduta sulle castagne, che
qui in Sardegna, come quasi tutto quello che la terra offre spontaneamente,
hanno una dolcezza davvero speciale.
Pianura:
grano duro. Mancava infine il tocco croccante e quindi ho pensato di sfornare
qualcosa di molto simile a un cracker, un salatino, una sfoglia insomma...
fatto con semola di grano duro e strutto. Ingredienti, questi due, che, con
solo un po’ di acqua pura, danno vita a un ventaglio ampio e vario di preparazioni
tradizionali sarde: dalle seadas
(forse il più riuscito matrimonio di dolce e salato), alle panadas, dalle formaggelle alle tiricche.
Ultima – ma
non ultima! – componente del piatto sarebbe stata una gelatina della medesima
Malvasia. L’omaggio, se vogliamo, alle splendide colline sarde dove prosperano
le viti baciate dal sole.
Per tutte
le informazioni su il Salto di Coloras e sulla sua analisi sensoriale,
gustativa, visiva e per le considerazioni derivanti dalla degustazione, lascio
il campo all’enologo Giovanni Bailo. Potrete trovare la sua analisi e il suo
parere in questo video, girato dall’operatore Mario Bassano, in cui appare con
l’amico e collega Alberto Mallarino
E, dopo questo lunga introduzione, ecco la ricetta.
Avvertenza:
le dosi indicate saranno più che sufficienti a comporre almeno quattro piatti.
Anzi, certamente le sfoglie di grano duro avanzeranno, ma vi assicuro che
lavorare meno di 300 g di semola è più difficile che lavorarne più di 3000.
Quelle che avanzano saranno ottime con un buon formaggio, o con la marmellata
l’indomani mattina.
Stessa cosa
vale per la gelatina di vino: dosare zucchero e pectina per meno di mezzo litro
di liquido è difficile e i risultati potrebbero essere infelici. Vi assicuro
che, quando la assaggerete, saprete benissimo come utilizzare quella
avanzata... sì, anche mangiarsela sola sola con il cucchiaino!
Per la crema
di castagne
500 g di
castagne intere
1 l di
acqua
100 g di
panna fresca
una ventina
di semi di finocchio
1 cucchiaio
da tè di sale grosso
1 cucchiaio
da tè di zucchero
1 pizzico
di sale fino
Per le
sfoglie di grano duro
300 g di
semola di grano duro varietà Cappelli
50 g di
strutto
1
cucchiaino di sale
1
cucchiaino di zucchero di canna
acqua
tiepida q.b.
1 uovo
Per la
gelatina di Malvasia
½ l di
Malvasia di Bosa Dop
150 g di
zucchero di canna
20 g di
pectina di frutta (possibilmente di origine biologica)
Muggine
di Cabras affumicato a piacere
La prima
tappa da affrontare per la preparazione di questo piatto è preparare la
gelatina di vino. Il procedimento è semplicissimo, ma ottenerla richiede tempo.
Mescolare
lo zucchero con la pectina direttamente in un pentolino dal fondo spesso. Unire
pian piano il vino mescolando e facendo il modo che zucchero e pectina si
sciolgano. Mettere sul fuoco e, a fiamma molto dolce, cuocere mescolando
continuamente per circa 10 minuti dalla comparsa del primo bollore.
Versare
delicatamente la gelatina in una teglia da forno di forma quadrata o rettangolare
non troppo grande (io ne ho usata una quadrata di 20 cm di lato); mettere da
parte senza agitare la (futura) gelatina, quindi lasciar raffreddare completamente.
A quel punto trasferire la teglia in frigorifero.
La seconda
cosa da fare è la pasta per le sfoglie.
Riscaldare
un po’ di acqua in un pentolino e tenerla a portata di mano.
Setacciare
la semola direttamente sul piano di lavoro, unire lo strutto e cominciare a
lavorare con la punta delle dita. Unire pian piano anche l’acqua e procedere formando
la pasta. Perché sia perfettamente liscia ci vorranno almeno 20 minuti;
aggiungere acqua se serve. A quel punto formare una palla, avvolgerla in
pellicola per alimenti e lasciarla riposare a temperatura ambiente per circa 1
ora.
Mentre la
pasta riposa dedicarsi alle castagne. Prima di utilizzarle controllare bene che
non siano ammaccate in modo sospetto, bagnate o, peggio, siano... abitate. Una
volta certi di averne selezionate mezzo chilo, lavarle e immergerle nell’acqua
con il sale grosso e i semi di finocchio. Cuocere a pentola chiusa per circa 40
minuti. Attendere che si siano raffreddate abbastanza per maneggiarle, quindi
togliere la buccia e la pellicina interna molto accuratamente, servendosi di un
piccolo coltello appuntito e affilato. Lasciarle raffreddare completamente.
Riprendere
la pasta, dividere il panetto in 4 parti e cominciare a stendere la sfoglia
prima con qualche colpo di matterello e poi con la macchina tirasfoglia. Non
serve renderla molto sottile. Ritagliare poi alcuni rettangoli, alcuni rombi e
alcuni nastri.
Accendere
il forno e portarlo a 200°.
Stendere
tutte le forme ritagliate su più placche da forno, spennellarle molto
leggermente con un uovo battuto e cuocere per circa 10 minuti, controllando a
vista che la pasta non si colori troppo in fretta.
Estrarre le
sfoglie dal forno e lasciarle raffreddare completamente.
Riprendere
le castagne. Sminuzzarle e sistemarle in un pentolino, quindi ricoprirle a filo
con latte fresco. Aggiungere lo zucchero e cuocere a fuoco dolcissimo per circa
15 minuti, o fino a che non avranno assorbito completamente il latte. Far
raffreddare completamente.
Nel frattempo
affettare il muggine affumicato. Ricavare fettine sottili e regolari.
Prendere
anche la gelatina dal frigorifero e, con uno strumento di plastica per non
rovinare la teglia, tagliarla a cubetti.
Quando le
castagne saranno ben fredde, passarle al frullatore o al passaverdure. Montare
la panna ben ferma con un pizzico di sale. Unire la purea di castagne e la
panna, mescolare bene con delicatezza, quindi trasferire il composto in un sac
a poche.
Comporre il
piatto.
Posizionare
una sfoglia di grano duro da un lato, ricoprirla con la mousse di castagne
facendola sprizzare dal sac a poche, quindi sistemare un altro paio di sfoglie.
Disporre un
numero a piacere di fettine di muggine affumicato in modo armonico e completare
con i dadini di gelatina di Malvasia.
E qui
finisce il mio compito. L’amico Giovanni, con Alberto e Mario nel frattempo si
sono dati da fare lassù in Piemonte e hanno riprodotto il mio piatto. Ammettono
la pigrizia di non aver prodotto in casa le sfoglie di grano duro, ma li
perdono più che volentieri anche perché hanno utilizzato un prodotto da forno
pronto che ben conosco e che anche io trovo buonissimo! Inoltre sono felice di
aver fatto scoprire loro il muggine di Cabras, che non avevano mai gustato
nella versione affumicata.Come per la
degustazione del vino ne hanno fatto un simpaticissimo video e sono visibili a
questo indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=wR513eJKsu0
Ovviamente
mi hanno anche fatto un sacco di complimenti immeritati. Io mi sono solo divertita
a cucinare (e a bere); la fantasia è una dote naturale che non fatico a
utilizzare e quindi... beh, insomma, arrossisco anche a distanza. Grazie a
tutti! Grazie della cosa bella che abbiamo fatto.
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