Avrete già letto su queste pagine, nel post del 16 gennaio, che con il 2016 ha preso il via un'iniziativa unica nel suo genere e davvero interessante per chi ama il cibo e la cucina italiana.
Si tratta del Calendario del cibo italiano
ideato, promosso e compilato dall'AIFB
(Associazione Italiana Food Blogger), di cui faccio parte.
Ogni giorno, per tutti i 366 di
questo 2016, sul sito di AIFB un socio o una socia veste i panni
dell’Ambasciatore e studia, scrive, cucina e raccoglie i contributi degli altri
soci per dare un panorama il più possibile completo di come un ingrediente o un
piatto italiano si possa distinguere e interpretare. Celebra, insomma, la “Giornata
nazionale di...”.
E ci abbiamo messo di tutto: dal
polpo al panettone, dal panforte agli gnocchi, dai cioccolatini al lardo.
Ma, se la vogliamo mettere in
un altro modo, questo 2016 ha pure le sue canoniche 52 settimane e quindi il
Calendario del cibo si presta anche a una lettura fatta per grandi temi. Dal
maiale alle zuppe, dagli agrumi agli arrosti.
Ecco: questo lunedì 1 febbraio
inizia la settimana dei cavoli, della quale è Ambasciatrice Tamara Giorgetti
del sito Un pezzo della mia Maremma
E qui di seguito, invece, potete leggere il mio contributo al tema della settimana.
Cestini di
cavolfiore alla bottarga
La famiglia dei
cavoli è molto numerosa. Sono cavoli il cavolfiore, il cavolo nero, ma anche i
cavoletti di Bruxelles o i broccoletti, il cavolo rapa e il cavolo verza e pure
il cavolo rosso e il cavolo cappuccio. E ognuno di questi ha almeno un fratello
o un cugino. Una varietà ampia e ottima.
I cavoli vanno
d’accordo un po’ con tutto: dalle carni – prima
tra tutte quella di maiale – alle altre verdure, ma
stanno bene anche con le mele e l’uva o con certi pesci e frutti di mare e
anche con le uova. E sono utilizzabili dall’antipasto al piatto forte, passando
per zuppe e piatti unici che sono tipici di varie gastronomie regionali.
Inoltre sono
coltivabili più o meno ovunque, anche se poi, pur essendo l’Italia terzo
produttore mondiale di questa famiglia di verdure, in certe regioni se ne
predilige una varietà piuttosto che l’altra: i cavoli verza e i cappucci sono
più nordici, il cavolo nero ha casa d’elezione in Toscana; il cavolo romano va
da sé che sta meglio a Roma e il cavolfiore, pur essendo il più trasversale,
viene coltivato prevalentemente in Puglia e Campania.
Qui sulla mia
isola l’inverno è prodigo di cavoli; anzi, per dirla tutta, i sassaresi miei
concittadini sono affettuosamente detti magnacàula, espressione che non ha
bisogno di traduzione e che dice molto sulla loro vocazione contadina, venuta
meno solo negli ultimi decenni. Non sono poi così anziani coloro che ricordano,
con giustificata nostalgia, la bellezza degli orti della valle del Rosello, o
di Predda Niedda, Tana di Lu Mazzoni o Santu Bainzeddu. Toponimi ancora esistenti
e riconoscibili, anche se purtroppo abbandonati o tristemente cementificati.
Comunque
le coltivazioni non mancano: basta spostarsi di una decina di chilometri dalla
città per trovare campi di cavoli e verze che si affiancano a quelli di
carciofi. Per
questa mia ricetta ho scelto di utilizzare un cavolfiore bianco freschissimo
preso dal mio ortolano Flavio (che li coltiva e li vende a pochi metri dal
campo).
Se avessi voluto rispettare la tradizione sassarese avrei dovuto
cucinarlo intero con le olive, ma ho preferito declinarlo in una ricetta di mia
invenzione, dimostrando – se ce ne fosse bisogno – che i cavoli si prestano
senza problemi a realizzare le fantasie di ogni cuoca. Quindi
due ingredienti nostrani come il cavolfiore dell’orto sassarese e la bottarga di
muggine dello stagno di Cabras (Oristano) si ritrovano insieme in un guscio di
pasta friabile che, pur ispirandosi alla classica brisée, prevede un altro ingrediente mediterraneo come la semola di grano duro varietà Cappelli.
Per 10 cestini da 8 centimetri circa:
1
cavolfiore fresco, sodo, di dimensioni medie
aceto
bianco di vino
sale
Per
la pasta
100 g di semola rimacina di grano duro
100 g di farina di grano tenero
100 g di farina di grano tenero
100 g di burro
acqua tiepida
1 pizzico di
sale
Per la salsa
alla bottarga
300 ml di latte
fresco intero
50 g di farina
00
50 g di olio
extravergine di oliva
3 cucchiaini da
tè di bottarga di muggine grattugiata
prezzemolo
fresco
1 pizzico di
sale
Preparare
per prima cosa la pasta. Su un piano di marmo setacciare accuratamente insieme farina e semola, disporle a fontana e aggiungere il burro a piccoli pezzi. Lavorare
con la punta delle dita fino a ottenere una massa di briciole burrose. Riformare
la fontana, aggiungere un pizzico di sale e poca acqua tiepida. Cominciare a
lavorare la pasta con un po’ più di energia e aggiungere acqua a sufficienza
per ottenere una massa liscia. Farne una palla, avvolgerla in pellicola per
alimenti e riporla in frigorifero per almeno mezz’ora. Meglio un’ora.
Nel
frattempo mondare il cavolfiore e dividerlo in cimette di dimensione
possibilmente uniforme (gambi e “torsolo” possono essere conservati per
un’altra ricetta). Lavarlo e lessarlo al dente in abbondante acqua già
bollente, leggermente salata e acidulata con un cucchiaio di aceto bianco di
vino.
Preparare
anche la salsa. In un pentolino dal fondo spesso setacciare la farina,
aggiungere l’olio e mescolare bene per ottenere una crema fluida. Aggiungere
poco per volta il latte caldo (non bollente) e mescolare. Salare leggermente e
mettere sul fornello più piccolo riparato con uno spargifiamma. Molto
delicatamente, mescolando con una piccola frusta, far addensare la salsa.
Allontanarla immediatamente dal fuoco non appena si avrà la consistenza
desiderata.
Tritare
un ciuffetto di prezzemolo fresco con la mezzaluna, non con un apparecchio
elettrico.
Accendere
il forno e portarlo a 180°.
Riprendere
la pasta e stenderla sul piano di marmo "insemolato" con il matterello
fino a raggiungere pochi millimetri di spessore.
Ritagliare dieci forme tonde
della misura adatta a rivestire esternamente degli stampini svasati da budino,
naturalmente imburrati e infarinati anche se... al contrario. Modellare la
pasta intorno agli stampini in modo da formare dei cestini. Disporre i cestini sulla
griglia, a metà altezza, nel forno ventilato e cuocere 10 minuti a 180°.
Togliere
i cestini dal forno e staccarli subito dallo stampino. Scolare molto bene il cavolfiore e, se occorre, tamponarlo
anche con carta da cucina. Aggiungere alla salsa il prezzemolo e la bottarga
grattugiata e mescolare bene.
Disporre
in ogni cestino una manciata di cimette di cavolfiore, ricoprire con la salsina
e servire. Saranno della temperatura giusta per esser mangiati anche con le
mani.
Anche oggi ho trovato una bella e sana ricetta nel tuo blog. Li cucino spesso anch'io, vario la qualità del broccolo e la ricetta, sopratutto ora che sappiamo che fan molto bene alla salute. L'unico disagio è l'odore forte che rilasciano con la cottura, forse conosci qualche rimedio in proposito? Grazie.
RispondiEliminaCara Carla, mi fai la classica domanda da un milione di dollari! Io in genere uso solo l'accorgimento di lessare i cavoli (tutta la famiglia, intendo) aggiungendo un po' aceto di vino bianco all'acqua e questo aiuta molto.
EliminaCerto è che, quando la ricetta prevede di usarli in altro modo e non bollirli, il problema c'è e si... sente.
Alcuni usano mettere un po' latte, ma, diciamocelo, risolvere completamente la questione è praticamente impossibile. Non per questo però dobbiamo rinunciare a fare scorpacciate di cavoli e affini: sono davvero sani (come dici tu) e troppo buoni!
Che bella idea questo tuo piatto! Lo terrò a mente per una prossima cena con gli amici. Bravissima. :-)
RispondiEliminaCarissime, io uso un fazzoletto di carta imbevuto di aceto e lo colloco sul coperchio della pentola/tegame che fa il suo lavoro sul fornello. Non risolve ma aiuta...
RispondiEliminaGrazie Fabiola! Poi fammi sapere cosa ne pensano gli amici :-)
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RispondiEliminaGrazie, Gianluigi! Ricordo che anche mia nonna adottava il tuo stesso metodo. .. con un tovagliolo di stoffa, però :-D
RispondiEliminaciao carissima i tuoi cestini sono deliziosi e immagino molto buoni da mangiare, li proverò perché amo i cavoli e tutte le preparazioni , grazie di aver contribuito alla nostra settimana
RispondiEliminaGraaaaazie! Sono molto felice di aver dato il mio contributo e ringrazio te per il bell'articolo con quelle foto fantastiche!
EliminaNon sapevo che i sardi avessero questa propensione per i cavoli tanto da essere chiamati magnacaula. Sto imparando un sacco di cose su questa terra grazie a te
RispondiEliminaOhi, ohi! Cara Sabrina, ti devo salvare da un campo minato! I sassaresi sono detti "magnacàula", non i sardi in generale! Un cagliaritano o un nuorese doc mai si riconoscerbbe in questa definizione. La Sardegna è veramente - come si dice a volte scherzosamente - un "piccolo continente"; l'insularità non significa uniformità. Tradizioni diversissime, in cucina come in altri aspetti della vita, caratterizzano le varie regioni storiche dell'isola e questo per questioni climatiche, geografiche, orografiche... Insomma, per conoscere tutto ciò che caratterizza le varie zone della Sardegna davvero non basta una vita :-)
EliminaBhe la presenza della bottarga è da 10 e lode !!! complimenti !!
RispondiEliminaun bacione
Pippi
Grazie Pippi! Sono convinta che la bottarga vada maggiormente valorizzata: i suoi abbinamenti possono essere sorprendenti
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